Danilo Sacco, il mio disco impegnato e scomodo / FOTO

Il cantante ha presentato “Gardé”, terzo lavoro da solista dopo i Nomadi

Danilo Sacco ospite in redazione

Danilo Sacco ospite in redazione

Milano, 14 dicembre 2018 - È un disco militante, d’impegno civile, che prende posizione. D’altronde un titolo come “Gardé” rimanda già di suo al prestare attenzione, allo stare in guardia, possibilmente senza perdere contatto con noi stessi, come sottolineato da Danilo Sacco ieri in redazione al Giorno presentando questa sua terza fatica solista post-Nomadi. «Stiamo vivendo un periodo abbastanza oscuro, in cui temo che la paura finisca col prendere il sopravvento persino sulla nostra umanità. E anche da questo punto di vista, spero che “Gardé”, oltre che impegnato, sia anche un disco scomodo”.

Un disco di storie.

«Non volevo dare alle stampe un album monotematico, ma rappresentarmi per quello che sono oggi parlando d’immigrazione, di violenza sulle donne, ma anche di sport».

Il primo singolo “amico mio” è indicativo al riguardo.

«Sì, perché racconta l’amicizia tra due grandi campioni come il sudafricano Joost Van der Westhuizen e il neozelandese Jonah Lomu, accomunati dalla gloria sui campi da rugby, ma anche da un durissimo destino personale. Lo sport è un veicolo d’educazione straordinario, come insegna pure un’altra amicizia raccontata nel disco, quella tra Jesse Owens e il tedesco Luz Long sullo sfondo delle Olimpiadi di Berlino del 1936. Fu proprio in quella circostanza che Long (morto poi in Italia durante la guerra e seppellito a Motta Sant’Anastasia) dette ad Owens un consiglio prezioso che l’aiutò nell’impresa di batterlo e vincere l’oro pure nel salto in lungo».

“Gardé” è dedicata invece alla figura di Mimmo Lucano, il sindaco pro-immigrati di Riace.

«Sulla questione che lo riguarda non intendo far cambiare opinione a nessuno, ma da cittadino ho sentito il bisogno di dire la mia, perché penso che in un paese in cui tutti tendiamo a portare problemi, chi propone soluzioni debba essere ascoltato. E non va dimenticata l’enorme storia di accoglienza di Riace».

Due brani dell’album come la stessa “Gardè” e “La nuova Babele” sottolineano quanto, in una società, la diversità sia di fatto una ricchezza.

«Essere curiosi, informarsi, capire esattamente cosa possiamo dare e cosa ci può essere dato è una chiave fondamentale per interpretare la realtà d’oggi. Come dico nella canzone, forse l’unica cura per la mediocrità è vivere in una nuova Babele; la confusione, infatti, è dinamica, mentre lo stare fermi, immobili, è peggio del regredire».

Ne “La rosa violata” parla di violenza sulle donne.

«Bisognerebbe cominciare a capire che se una storia finisce non è fallita. È solo finita. E che il rispetto dovrebbe stare alla base di ogni rapporto. Vorrei tanto che quella canzone diventasse presto inutile. Anacronistica. Ma temo che dovrò aspettare ancora del tempo».

L’album è firmato Danilo Kakuen Sacco. Il nome Kakuen significa “nomade nella polvere del vento” e l’ha scelto dopo aver abbracciato la fede buddista.

«Il legame col buddismo è nato nel 1995 durante un viaggio a Dharamsala, in India, nel corso del quale ebbi pure la fortuna di incontrare pure Sua Santità il Dalai Lama. Mai avrei immaginato che la curiosità mi avrebbe spinto a intraprendere questo tipo di cammino».

Appuntamenti live?

«A gennaio ho in agenda due-tre settimane di prove e poi si parte».

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