Cristiana Capotondi e Milano, il mio fuorisalone per questa città che adora il cinema

Nel 2007 si è trasferita a Milano: "All’inizio ho sofferto per il distacco, ma lentamente ho imparato ad amare questa città"

Cristiana Capotondi

Cristiana Capotondi

Milano, 16 luglio 2017 - Cristiana Capotondi. Per chi è nato negli anni ’90, lei è Claudia, quella che la Notte prima degli esami rimbalza Luca, alunno di suo padre, il professore ’A carogna. Ha 36 anni, fa l’attrice da quando ne aveva 12, "E rifarei la scelta di lavorare fin da bambina". È nata a Trastevere, Roma, "la città più bella del mondo, dove ogni strada è una scenografia per il set". Nel 2007 si è trasferita a Milano: "All’inizio ho sofferto per il distacco, ma lentamente ho imparato ad amare questa città". L’anno scorso, insieme all’amica Cristiana Mainardi, ha ideato la manifestazione cinematografica a Porta Nuova, Fuoricinema.

Roma e Milano. Cristiana qual è il posto che chiamerebbe "casa"?

"Roma è la mia città natale. Sono legatissima a quella bellezza leggera e nostalgica. Milano mi ha voluto bene sin da subito, e non c’è voluto molto per ricambiare l’affetto. Milano è pragmatica, è una città che con la sua riservatezza non ti imbarazza mai. Inoltre è un incredibile trampolino di lancio per i sogni di chi vi si trasferisce".

Anche lei ha realizzato un sogno in questa città, vero?

"Esatto, Fuoricinema. Questo non-festival del cinema, e dopo vi spiegherò perché lo definisco così, nasce dal desiderio di avvicinare il pubblico milanese, che è reattivo, molto appassionato e attento, al mondo del cinema e ai suoi protagonisti. Dal 14 al 17 settembre Porta Nuova diventerà un enorme cinema all’aperto: un’arena da 1.500 posti a sedere più duemila sul prato. Prevedete numeri importanti. L’anno passato il pubblico di Milano ha partecipato a Fuoricinema con tanta energia. Per settimane le nostre caselle sono state bombardate di messaggi. Essere ascoltati con intensità è stata davvero una gioia. C’era un calore speciale, molti dei nostri ospiti l’anno scorso sono venuti a Fuoricinema aspettandosi degli spettatori freddi in una città fredda. Sono andati via sorpresi e travolti dal pubblico vulcanico".

Roma e Milano. La capitale resta la culla del cinema e difficilmente Milano potrà accaparrarsi anche questo primato, vero?

"Sono due cinema diversi: il cinema romano ti fa sorridere, penso ai set quando tutta la macchina di realizzazione parla romano. Il cinema milanese è più piccolo, ci sono meno produzioni. Ma è un cinema che strizza maggiormente l’occhio alle collaborazioni con le aziende. Inoltre sembra che a Milano fare sistema sia più semplice rispetto ad altri posti in Italia: spero che nasca qui un sistema cinema come c’è per tanti altri settori".

Quindi Milano capitale della moda, della finanza, degli eventi, capitale di tutto?

"La capitale del cinema resta Roma a tutti gli effetti. Quello che vorrei è che si creasse un sistema che offra alle produzioni la possibilità di venire a girare più agevolmente a Milano. Devono nascere nuove attività legate al cinema in questa città, a fronte del fatto che i milanesi amano andare al cinema. Sarebbe bello raccontare loro la città “usadola” di più nei film".

Prima ha detto che Fuoricinema è un non-festival...

"Banalmente volevo dire che non è un festival come lo immaginiamo. Non ci sono giurie che valutano dei prodotti. C’è semplicemente un pubblico che incontra i propri beniamini. Inoltre venendo meno l’aspetto della competizione, tipica degli altri festival, le persone sono molto più rilassate. Ecco perché chiamarlo festival è fuorviante, noi l’abbiamo immaginato come una sagra del cinema. Poi lo scorso anno Alessandro Milani ha detto sul nostro palco: “No, questa non è una sagra, questa è una Woodstock del cinema”".

Cristiana, i ragazzi che questi giorni stanno facendo gli esami di maturità la ricordano tutti come Claudia di Notte prima degli esami. C’è qualcosa che vorrebbe ricordare loro?

"Vorrei ricordare che stanno vivendo uno dei più bei momenti della propria vita. Ragazzi siatene coscienti e non vivetelo con troppa ansia, calibrate la preoccupazione con il resto delle emozioni belle che i giovani riescono a sentire più forti dentro di sé".

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