Milano, così l’Ats dà la caccia ai medici di base

Colloqui e apertura del bando ai neodiplomati per coprire le zone cronicamente senza dottore

Un medico di base al lavoro

Un medico di base al lavoro

Milano, 5 agosto 2019 - Qualcosa si muove sul fronte sempre aperto della mancanza di medici, non solo negli ospedali ma anche sul territorio. Un problema nazionale, che infiamma comunità locali (come a Cavenago, provincia di Lodi) e s’aggrava coi pensionamenti, come sanno bene i milanesi che nei mesi scorsi affollavano i pochi uffici scelta e revoca del capoluogo aperti il sabato mattina. Un medico di base può andare in prepensionamento dai 65 anni con due mesi di preavviso, l’Ats può fare previsioni solo sui pensionamenti anagrafici, dai 70 anni.

Quest’anno tra dimissioni, cessazioni avvenute e previste per età se ne andranno 37 medici di medicina generale su 839 a Milano e 11 su 150 nell’hinterland Nord; l’anno prossimo Milano ne dovrà sostituire almeno 21 e il Nord 3, nel 2021 ancora 37 e 8 rispettivamente. Tra i pediatri di libera scelta, 131 a Milano e 33 nell’area Nord, quest’anno si prevedono 4 e un’uscita, l’anno prossimo 4 e 2, quello dopo 4 a Milano e nessuna a Nord. Al momento, fanno sapere dall’Ats Metropolitana, tutti i posti in città e nell’hinterland Nord sono coperti tranne due, pediatri temporanei che saranno a breve sostituiti dai titolari. Perché quello che si muove, spiega Galdino Cassavia, direttore del dipartimento di Cure primarie dell’Ats, è che l’ultimo bando semestrale per coprire gli «ambiti carenti» è andato leggermente meglio dei precedenti. È un «meglio» che va contestualizzato: su 104 posti per medico di base a Milano e 27 nell’hinterland Nord, si sono fatti avanti in 67. Al bando precedente, di ottobre, erano una quarantina i candidati. Gli incarichi assegnati a maggio dall’Ats sono stati 29 a Milano e 8 nel Nord: un terzo del totale, come in passato.

Ma i medici che sono entrati o stanno entrando in servizio (hanno tre mesi di tempo) andranno a sanare, spiega il dottor Cassavia, alcune ferite aperte, accettando vincoli a esercitare in paesi e frazioni considerate poco appetibili. «San Giuliano, San Donato, Cascina Gatti a Sesto, Cusano Milanino, Segrate... – elenca il direttore di dipartimento –. Il problema l’abbiamo soprattutto nell’hinterland, e nel Lodigiano. Milano, a parte alcune situazioni, legate a difficoltà nei trasporti, che abbiamo risolto, non ci preoccupa più di tanto». Se per convincere gli incaricati temporanei a coprire una zona poco appetibile si esercita la leva degli spazi (lavorando con Comuni e Municipi per concederli ad affitto calmierato), per riempire una casella da titolare ci vuol altro: «I medici gradiscono forme associative avanzate con altri colleghi, questo porta un miglioramento al sistema ma non garantisce ai cittadini di avere un ambulatorio sotto casa». Il segnale di speranza arrivato dall’ultimo bando, chiarisce Cassavia, non è un caso ma il frutto di un lavoro dell’Ats «per indirizzare i medici sugli ambiti carenti, e della scelta di aprire il bando ai neodiplomati».

I corsi di formazione per medico di medicina generale (la “specializzazione” triennale dei medici di base) finiscono a primavera, ma l’iscrizione nelle graduatorie dell’Ats per esercitare da titolare è possibile solo all’inizio dell’anno successivo: «Abbiamo colmato questo gap includendo medici non ancora in graduatoria. Vedremo col prossimo bando di ottobre se questo miglioramento si conferma. La strategia è aprire ai giovani, che supporteremo anche nella loro esigenza legittima di riunirsi in forme aggregative che sono il futuro delle cure primarie, e saranno protagoniste, nei prossimi cinque anni, di un vero progetto per migliorare la presa in carico dell’assistito».

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