Istituto dei Tumori, a giugno il tetto si trasforma in un palco

Il via il 6 giugno alle 18 con l'esibizione di Luisa Prandina, prima arpa del teatro lirico milanese IL PROGRAMMA DEI CONCERTI

Il jazzista Attilio Zanchi con i medici Stefano Signoroni e Davide Scaramuzza

Il jazzista Attilio Zanchi con i medici Stefano Signoroni e Davide Scaramuzza

Milano, 1 giugno 2016 - Un mese di concerti su «un tetto che scotta», quello dell’Istituto nazionale dei tumori di via Venezian, a Milano. Musica classica, jazz, rock: si comincia lunedì 6 giugno alle 18 con Luisa Prandina, prima arpa della Scala. Gli altri appuntamenti sono sempre alle 19: martedì 7 giugno il blues, con Fabio Treves & Francesco Garolfi; giovedì 9 giugno jazz col Gaetano Liguori Trio. Martedì 14 giugno il pop rock dei Gladioli Revel Club, giovedì 16 ancora il jazz con coloriture funky e latine dei Sonica Jazz Machine. Mercoledì 22 Stefano Signoroni & The MC con uno special guest, giovedì 23 La nota jazz band di Francesco Mazzantini, il 30 giugno si chiude alla grande con Attilio Zanchi e Hit Lights Quartet - Giovanni Digiacomo, Gennaro Cotena, Alfonso Donadio diretti da Zanchi. I concerti sono tutti gratuiti, sono sempre accompagnati da un aperitivo, l’unico limite è la capienza di sicurezza della terrazza - cento spettatori -, e c’è la precedenza per i pazienti e per il personale dell’Istituto dei tumori.

In cartellone ci sono  leggende del jazz come il contrabbassista Zanchi, ma anche un medico dalla doppia vita come Signoroni, ricercatore da 12 anni all’Int che di giorno indaga la genetica dei tumori dell’apparato digerente, e nel tempo libero si misura come cantante, compositore  e tastierista (ha suonato con Eros Ramazzotti, è andato in tv con Alfonso Signorini, ha in radio un singolo, «Stai lontana da me», cover di Bacharach-Celentano). «Ho sempre tenuto le due carriere abbastanza separate - dice - è la prima volta che si incrociano».

Non è la prima volta che la musica arriva al nono piano dell’Istituto di via Venezian: il radiologo Davide Scaramuzza ha cominciato a organizzarvi concerti due anni fa, insieme ai bergamaschi Gladioli (e a reading «foderati di musica», scritti da lui e supervisionati dalle psicologhe dell’Istituto, ogni due mesi circa nella sala da pranzo dell’Oncologia). Garantisce che si manterrà la tradizione: «Qui i musicisti arrivano prima non per il soundcheck, ma per fare il giro delle stanze, salutare tutti i pazienti e invitarli al concerto». Questa però è la prima verarassegna organizzata sul tetto di un ospedale e aperta la città. L’idea è venuta a un paziente, Paolo Colonnello, giornalista ma anche sassofonista jazz: si è presentato in pigiama nell’ufficio del direttore generale Luigi Cajazzo per illustrarla, poi dal presidente Enzo Lucchini. Loro l’hanno acchiappata con entusiasmo, perché cercavano un modo per lanciare la campagna per donare il 5 per mille alla ricerca dell’Int (per info www.istitutotumori.mi.it) ma anche perché, sottolinea Lucchini, l’Istituto combatte da cent’anni contro i tumori facendo l’avanguardia non solo con la clinica e la ricerca «traslazionale», che trasferisce le scoperte dritte al letto del paziente, ma anche «aprendosi» ad altre innovazioni che mettono «non la malattia, ma la persona ammalata al centro».

In via Venezian c’è una struttura di «psico-oncologia», un gruppo (Me.Te.C.O.) che studia terapie complementari con pratiche alternative come lo shiatsu, la Cascina Rosa che si occupa dell’impatto dell’alimentazione nel prevenire cancro e recidive, ci sono le associazioni che organizzano attività artistiche  - anche nella pediatria oncologica, dove arrivano circa 300 dei 1.500-1.800 bambini che si ammalano di tumore in Italia ogni anno, c’è un progetto, «Ulisse», che organizza conferenze coi medici per informare i pazienti sulle ultime scoperte della medicina. Tanti modi per «tirar fuori risorse psicologiche e creative, energie» con cui i pazienti combattano il cancro insieme a medici, farmaci e terapie tradizionali. E ci sta naturalmente anche la «musica che cura», sul tetto del nono piano «che scotta perché qui c’è tanto dolore ma anche tanta speranza», dice  Cajazzo, dg da quest’anno ma in Istituto dal 2009 (e all’arrivo glielo presentarono come «la seconda Scala di Milano»). Concorda, per esperienza, Colonnello: «Guardando il panorama lassù si riesce a pensare che c’è la speranza di guarire. Si tende a pensare a questo istituto come a un luogo chiuso, invece è apertissimo: un luogo che cura. Come la musica, che dà piacere, e il piacere porta fiducia, e la fiducia aiuta a guarire, perché si può guarire anche dal tumore».

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