Riforma della sanità lombarda: via da oggi alla maratona. No al voto segreto

Il presidente Fontana impone la linea. Presentate dalle opposizioni oltre 6.500 richieste di modifica

Letizia Moratti, vicepresidente della Regione e assessore al Welfare è nel mirino delle op

Letizia Moratti, vicepresidente della Regione e assessore al Welfare è nel mirino delle op

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Milano, 10 novembre 2021 - Votazioni a scrutinio segreto vietate per volere del presidente della Regione, Attilio Fontana, ben 6.500 richieste di modifica depositate dalle opposizioni (tra emendamenti e ordini del giorno) per un totale di 330 ore di interventi in aula, nessun contingentamento dei tempi (il Pd ha scelto di giocarsi il jolly), presunte pregiudiziali di costituzionalità che si tradurranno nella richiesta al Governo di impugnare la legge regionale e, infine, un presidio con volantinaggio davanti al Pirellone: questo il contesto nel quale prenderà il via, oggi 9 novembre in Consiglio regionale, l’approvazione della riforma della sanità lombarda, dopo i 5 anni di sperimentazione della legge firmata dall’ex governatore Roberto Maroni.

Una maratona: il Consiglio si riunirà ogni giorno da oggi fino al 26 novembre, dalle 10 alle 18 e, se occorrerà, dalle 21 alle 24. Nel mezzo si terranno le sedute di commissione utili al Bilancio. Dal Pirellone a Palazzo Marino, dove i sindaci delle città capoluogo guidate dal centrosinistra ieri, in una conferenza stampa congiunta, hanno sottolineato di non essere stati coinvolti dalla Regione sebbene la riforma miri a potenziare la medicina territoriale. «Il sistema sanitario lombardo non ha retto la prova del Covid, nonostante l’abnegazione e la grande professionalità di medici e infermieri – ha sottolineato Fabio Pizzul, capogruppo del Pd, durante la conferenza stampa indetta ieri dalle opposizioni –. Una modifica era necessaria ed è stata richiesta dal Governo con prescrizioni precise che la Giunta regionale ha accolto solo in parte. Noi chiediamo un deciso rafforzamento della sanità territoriale, ma temiamo che la Giunta voglia fare ritocchi di facciata, pur di prendere i soldi del PNRR, senza però aumentare davvero i servizi in favore dei cittadini. Questa riforma è una legge calata dall’alto, su cui il presidente Fontana si è giocato la fiducia, togliendo ai consiglieri la possibilità di votare a voto segreto. Il nervosismo nella maggioranza è evidente". Un’interpretazione che dallo staff di Fontana respingono: "La riforma della sanità è un pezzo importante del programma di governo, normale che il presidente abbia scelto di impedire lo scrutinio segreto", si spiega. «Un elemento molto rischioso – prosegue Pizzul – è che viene inserita l’equivalenza tra sanità pubblica e sanità privata, un dettaglio rischiosissimo per la tenuta della sanità lombarda e contrario all’impostazione nazionale. In più le ATS non solo non scompaiono, ma potranno essere incrementate fino a una per provincia, e tutto ciò solo perché la maggioranza ha fame di nomine e di posti di comando sui diversi territori. Infine, l’intera gestione del fondo sanitario regionale passa dalla collegialità della Giunta al controllo dell’assessorato al Welfare. La vicepresidente Moratti, in pratica, si arroga il diritto di decidere in autonomia sul 75% del bilancio regionale".

Quindi Massimo De Rosa, capogruppo lombardo del Movimento 5 Stelle: "Presenteremo 5mila atti (ai quali si aggiungono i 1.500 degli altri partiti di opposizione ndr ) e parleremo per 250 ore (più le 80 preventivate dal Pd ndr ), per chiedere al centrodestra di non ripetere gli errori delle riforme Formigoni e Maroni. Errori messi nero su bianco dai rilievi di Agenas e Ministero della Salute. La Moratti-Fontana è una non-riforma scritta dalla Giunta al solo fine di accaparrarsi le risorse del PNRR e rivenderle come proprie in Lombardia. Una non-riforma che promuove un modello incapace di dare a pubblico e privato gli stessi diritti e soprattutto gli stessi doveri, che lascia le nomine dei dirigenti in mano alla politica e non riavvicina i servizi di base ai territori". "Questa riforma ci è arrivata solo il primo agosto – ricorda Michele Usuelli, consigliere regionale di +Europa – e lascia inalterato il problema fondamentale della governance dell’accreditamento, che di fatto è in mano alle grandi aziende sanitarie private e non alla Regione, e della contrattualizzazione di prestazioni non remunerative che i privati non fanno e lasciano al pubblico proprio perché non remunerative". A Palazzo Marino si sono ritrovati i sindaci Giuseppe Sala (Milano), Giorgio Gori (Bergamo), Emilio Del Bono (Brescia), Davide Galimberti (Varese), Gianluca Galimberti (Cremona), Mauro Gattinoni (Lecco). Unanimi le richieste: un coinvolgimento dei singoli Comuni, un confronto che vada al di là di quello in corso tra Regione e Anci, più chiarezza su quali professionisti debbano lavorare nelle case di comunità e maggiori poteri di pianificazione in capo alla Regione.  giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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