Riforma sanità lombarda, inizia l’era della Moratti-Fontana

Approvata al Pirellone la nuova 'revisione' del servizio sanitario regionale. Le opposizioni: la cambieremo vincendo nel 2023

La vicepresidente Letizia Moratti e il presidente della Regione Attilio Fontana

La vicepresidente Letizia Moratti e il presidente della Regione Attilio Fontana

Milano - È diventata legge ieri prima delle 17.30 la riforma della riforma della sanità lombarda, dopo una maratona in 16 sedute di cui 14 di discussione per oltre novanta ore d’interventi, ma un giorno in anticipo rispetto all’ultimo calendario. Approvata con poche sorprese a maggioranza, 75 consiglieri in aula e 74 votanti, 48 a favore (il centrodestra) e 26 contro (l’opposizione).

La riforma Moratti-Fontana, "revisione" della Maroni a sua volta presentata come "aggiornamento" del quasi venticinquennale impianto formigoniano, si compie dopo cinque anni di sperimentazione più uno di pandemia, imbarcando così la messa a terra della sanità territoriale finanziata dal Recovery Fund: arriveranno da lì le 203 Case della comunità (una ogni 50 mila abitanti), i 60 Ospedali di comunità per post-acuti e le 101 Cot, Centrali operative territoriali per gestire le dimissioni ospedaliere, una ogni centomila abitanti come i cento distretti, che tornano su prescrizione dell’Agenas all’interno delle maroniane Asst.

Ma arriveranno anche, ed è novità introdotta in zona Cesarini con un emendamento del relatore della legge, il presidente della Commissione sanità Emanuele Monti, degli "Ambulatori socio-sanitari territoriali", finanziati dalla Regione per incentivare i medici di base a lavorare in rete (associazione o cooperativa) e abbattere le liste d’attesa: un investimento tra 30 e 50 milioni di euro per dotare di strumentazioni tra 700 e mille ambulatori esistenti o nuovi, sostenendo ristrutturazioni di spazi di enti locali, e assicurando una tariffazione a prestazione, col vincolo di coordinarsi con le Case della comunità che avranno sì, all’interno, dei medici di base, ma anche altre funzioni perché diventeranno il "punto d’accesso" delle persone al servizio sanitario regionale.

La vicepresidente della Regione con delega al Welfare Letizia Moratti, mette l’accento su "innovazioni" come l’approccio one health , che introduce un principio di sostenibilità anche negli approvvigionamenti, la creazione di "percorsi di accoglienza per le persone con disabilità", la "valorizzazione e coinvolgimento di tutte le professioni sanitarie", dei sindaci, di "terzo settore, associazioni di volontariato e di pazienti" in organismi consultivi, "la creazione di una rete regionale della ricerca coordinata dagli Irccs pubblici" e di un centro per le malattie infettive (finanziato con 85 milioni di euro in tre anni). Sottolinea, Moratti, di aver "condiviso ogni passaggio di questa legge" col governatore Attilio Fontana, che da parte sua confida che i fondi del Pnrr permettano a questa riforma quel "cambio di passo, dalla cura al prendersi cura" che era riuscito "solo in parte" alla precedente "a causa della carenza di risorse statali". "Siamo i primi ad attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza e a integrarlo con 800 milioni di euro di risorse regionali", rimarca il relatore Monti. Senza intaccare, rivendica il presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi (sempre della Lega) "il sacrosanto principio della libera scelta dei cittadini tra soggetti pubblici e privati che operano all’interno del sistema sociosanitario lombardo".

L’introduzione del concetto di "equivalenza" tra pubblico e privato è uno degli aspetti della legge più contestati dalle opposizioni. I consiglieri 5 Stelle ieri hanno disertato le votazioni degli ordini del giorno e partecipato solo alla finale, ovviamente contro: "I cittadini continueranno a trovarsi senza medici di base, con liste d’attesa lunghissime e dovranno ricorrere al privato per farsi curare", riassume il pentastellato Gregorio Mammì. "È una legge che aumenta la confusione e non risolve i problemi di una macchina sanitaria troppo ingarbugliata e farraginosa, dimenticandosi dei problemi reali dei lombardi", il j’accuse del capogruppo Pd Fabio Pizzul. Il segretario regionale dem Vinicio Peluffo osserva: "Il voto in aula era scontato, ma non è finita. Ora, con più forza, andremo tra i cittadini a spiegare che cambiare si può". In aula è il radicale Michele Usuelli a rilanciare per le prossime elezioni regionali: "Questo è il punto di partenza di un’onda lunga che, se come opposizione saremo all’altezza, nel 2023 ci porterà a contenderci la Regione".

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