Rider, un patto di legalità contro i caporali

Protocollo messo a punto da Prefettura, magistrati e Assodelivery: un sistema di alert segnalerà i casi sospetti su consegne e incassi

Una protesta dei rider

Una protesta dei rider

Milano, 18 settembre 2020 - Un sistema di alert per smascherare chi lucra sul sistema. Un patto di legalità tra le società più importanti del settore. Un’intesa che prevede la sottoscrizione di regole definite e stringenti. È in via di definizione un protocollo d’intesa che coinvolgerà le principali aziende che si occupano di consegne di cibo a domicilio, riunite nell’associazione di categoria Assodelivery (Deliveroo, Glovo, Just Eat, SocialFood e Uber Eats). L’iniziativa, stando a quanto risulta al Giorno , è partita dalla magistratura, in particolare dal giudice Fabio Roia, presidente della Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale che a fine maggio ha disposto il commissariamento di Uber Italy srl, e dai pm Alessandra Dolci e Paolo Storari, che hanno coordinato l’inchiesta su presunti episodi di sfruttamento dei rider che lavoravano per conto di due società di intermediazione legate alla filiale nostrana del colosso con sede a San Francisco.

Proprio quell’indagine aveva fatto emergere che i ciclofattorini venivano reclutati quasi esclusivamente tra i "migranti provenienti da contesti di guerra, richiedenti asilo e persone che dimoravano in centri di accoglienza temporanei e in stato di bisogno, pagandoli 3 euro a consegna". Nel provvedimento che ha disposto l’amministrazione giudiziaria, si faceva riferimento anche al "regime di sopraffazione retributivo" sofferto dai rider, diventato ancor più pesante con "l’emergenza sanitaria".

Quanto scoperto dagli investigatori – a conferma delle denunce arrivate a più riprese da sindacati e collettivi di fattorini ("Non una mela marcia, ma la punta dell’iceberg", il commento più gettonato in quei giorni) – ha fatto pensare che il settore sia particolarmente esposto al rischio caporalato, spesso messo in atto da singole persone. Da qui l’ipotesi, sostenuta in prima persona dal prefetto Renato Saccone, di convocare al tavolo le realtà più rappresentative del settore per coinvolgerle in un piano d’azione anti-sfruttatori. Dalla discussione sta nascendo un protocollo che dovrebbe essere firmato a breve e che si snoderà attorno a tre punti-chiave. Il primo è l’impegno ad adottare un modello organizzativo idoneo a prevenire comportamenti scorretti all’interno di un’azienda, sulla base di quanto stabilito dal decreto legislativo 231, che ha introdotto nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale per quelle società i cui membri si sono macchiati di reati a beneficio dell’organizzazione stessa.

Il secondo punto si fonda sull’impegno a non ricorrere a piccole società di intermediazione (come quelle al centro dell’indagine su Uber Italy), almeno fin quando non sarà predisposto un albo specifico, una sorta di “white list“ di ditte certificate. E veniamo al terzo caposaldo, forse il più significativo. Oggi un rider può avere diversi account collegati a più società. Una facoltà che, per quanto lecita, crea le condizioni per far infilare gli sfruttatori nell’ingranaggio. Sì, perché una sola persona, magari utilizzando prestanome tra parenti e amici che in realtà non svolgono il lavoro di ciclofattorini, può arrivare a gestire decine di profili alle spalle delle società di delivery, facendo la “cresta“ su ogni consegna. Per contrastare questo fenomeno, è stata individuata una soluzione che med ia tra l’esigenza delle ditte di non condividere con i concorrenti la propria banca dati (all’interno della quale sono custoditi tutti i numeri su consegne e retribuzioni) e la necessità di arginare il caporalato. Come fare? Con la formazione di un comitato di garanzia e la creazione di un sistema di alert: un rappresentante per azienda segnalerà agli altri i casi sospetti in fatto di consegne (numero esagerato di spedizioni in un giorno o stesse persone presenti in due posti diversi nello stesso momento) e incassi mensili (retribuzioni abnormi rispetto alla media grazie alla somma dei bonifici ricevuti da account legati alla stessa persona). Il passaggio successivo: un report specifico o una denuncia, a seconda delle situazioni; e in questo sistema potrebbero essere coinvolti anche i sindacati per un monitoraggio.

In linea generale , l’obiettivo condiviso da magistratura e Prefettura è quello di dar vita a un sistema di salvaguardia per un settore in grande espansione e destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni. Un "modello Milano", se così vogliamo definirlo, che viaggia su binari diversi da quelli che si stanno percorrendo a livello nazionale sul fronte della contrattazione collettiva (con tanto di polemiche sull’accordo definito “pirata“ tra Assodelivery e Ugl) e che mira a sviluppare un valore intrinseco di legalità, indipendentemente dall’esito di quella trattativa.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro