ArchiveMatteo Salvini e il flop Lega: la lunga notte del leader in via Bellerio a Milano

Matteo Salvini e il flop Lega: la lunga notte del leader in via Bellerio a Milano

Elezioni politiche 2022, malumori nel Carroccio: pronta una lettera per convocare il congresso federale

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Milano - Matteo Salvini arriva in via Bellerio alle 22.30 insieme ai fedelissimi Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, capigruppo alla Camera e al Senato, al responsabile organizzativo, Roberto Calderoli, e ad Edoardo Rixi. Raggiunge le stanze della segreteria federale senza rilasciare dichiarazioni. Su Twitter solo un breve messaggio: "Centrodestra in netto vantaggio sia alla Camera che al Senato! Sarà una lunga notte, ma già ora vi voglio dire grazie". I primi exit poll danno la Lega all’11,5%: abbastanza per fare un po’ meno nero il cielo sopra la storica sede del Carroccio, abbastanza per scongiurare la caduta sotto la soglia psicologica del 10%, la soglia sotto la quale il tracollo sarebbe oggettivo e la leadership del segretario federale necessariamente in discussione. "Se i numeri dovessero restare questi, cioè intorno all’11, non sarebbe una vittoria, non sarebbe una sconfitta, sarebbe un pareggio", scandisce Stefano Bolognini, fedelissimo di Salvini, segretario milanese e assessore regionale lombardo del Carroccio. "Sotto il 10, invece sì, sarebbe un problema, non lo si può nascondere".

I dubbi

In via Bellerio ci sono dati più attesi di altri: occorre capire come è andata in Lombardia e in Veneto, le due roccaforti del Carroccio, e capire, anche, quanti seggi si rischia di perdere tra quelli assegnati col proporzionale. Su questo punto – dicono – Salvini non ha nascosto preoccupazioni. Decisamente meglio, pare, il risultato del maggioritario. Poco prima di mezzanotte il cielo sopra via Bellerio, però, cambia ancora: arrivano le prime proiezioni e danno la Lega tra l’8,5 e il 9%, esattamente sotto la soglia psicologica della doppia cifra. Anzi, pesantemente sotto la soglia psicologica della doppia cifra. La Lega nordista e secessionista di Umberto Bossi nel 1996 riscosse il 10,4%.

Malumori

"Non commentiamo nulla, ora", dice Igor Iezzi, deputato leghista. Il moderato ottimismo lascia il posto a scenari di altro tipo, quelli tinti di un dissenso che all’interno della Lega comunque esiste ma finora è rimasto coperto sotto il blu della lega salviniana, nazional-sovranista. Ed è un dissenso rivolto proprio al leader. Spunta una lettera: la lettera con la richiesta di convocare immediatamente i congressi regionali e federali. Era pronta già prima che si chiudessero le urne. Lo confermano fonti interne al partito. E qualora ci si dovesse attestare al intorno al 10% o addirittura sotto, sarà resa pubblica già nei prossimi giorni. Un’iniziativa che la dice lunga sull’aria che si è respirata nel Carroccio in questo mese di campagna elettorale, sull’aria che si respirava questa notte nella storica sede di via Bellerio. Un’iniziativa di una pattuglia lombardo-veneta composta da sindaci, consiglieri regionali e qualche (ex) deputato. "Nessuno stupore, ci aspettiamo numeri modesti, sotto il 10, i territori non sono più coinvolti come un tempo", sentenzia uno dei sostenitori della necessità di un cambio ai vertici del partito.

Resa dei conti

I dissidenti riconoscono a Matteo Salvini il merito storico di aver portato il Carroccio a percentuali impensabili: il 17% delle Politiche del 2018 e, ancor di più, il 34% riscosso alle Europee del 2019. Gli si riconosce di essersi speso con generosità anche in quest’ultima campagna elettorale, mettendo insieme, di tappa in tappa, di comizio in comizio, circa 30mila chilometri in poco più di un mese.  Ma, al tempo stesso, non gli si perdona – non più di fronte a questi numeri – il sempre più scarso coinvolgimento di militanti e sezioni nelle scelte e nelle iniziative del partito, la logica verticistica e accentratrice con la quale lo ha guidato, scelte clamorosamente sbagliate quali quella del 2019, quando fece cadere il governo col Movimento 5 Stelle senza però ottenere che si andasse alle urne, una linea politica ondivaga sulle restrizioni anti-Covid o sui rapporti con Vladimir Putin senza che questi cambi di direzione fossero preventivamente discussi nelle segrete stanze di via Bellerio. Ora il nome che si sussurra è quello di Massimiliano Fedriga. Nel caso in cui il risultato elettorale dovesse confermarsi sui livelli del prime proiezioni, sarà lui a raccogliere quel che resta della Lega e della storica parabola di Salvini. Dalla sua parte, il governatore del Friuli, ha Luca Zaia, ma anche Giancarlo Giorgetti.