Letizia Moratti, obiettivo Regionali: corsa a ostacoli da indipendente senza partito

Regionali del 2023: la stima della Meloni e lo spauracchio Terzo Polo possono bastarle per spuntarla?

Letizia Moratti

Letizia Moratti

Letizia Moratti ha sottolineato spesso e volentieri la propria autonomia dalle logiche e dalle appartenenze partitiche. Si è sempre posta e proposta come un’indipendente di area centrodestra, un profilo tecnico al leale servizio della coalizione che ha appena vinto le elezioni Politiche. Secondo questo copione si è consumato anche il suo ingresso nella Giunta regionale lombarda, a gennaio del 2021. Allora la promessa di una candidatura alla presidenza della Regione, nel 2023, le è stata fatta. Non da Attilio Fontana, ma le è stata fatta. Oggi, però, perché possa vincere il braccio di ferro con lo stesso Fontana e correre da governatrice, le serve proprio quello che spesso si è vantata di non avere: un partito. Piaccia o no, con le "reti civiche" nessuno è mai diventato presidente della Regione.

Il rebus

E sta proprio nella necessità di un partito il rebus della riuscita dell’operazione Moratti. L’unico sul quale la vicepresidente lombarda possa contare è Fratelli d’Italia: non poco, ovvio, si tratta del partito leader del centrodestra, quello col vento in poppa. Ma fino a che punto gli interessi di Giorgia Meloni e Letizia Moratti – tra le quali c’è indubbia stima – possono convergere? Non più tardi di ieri Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, ha fatto capire che la partita delle Regionali lombarde sarà discussa in contemporanea con quella delle Regionali laziali, anch’essa in agenda nel 2023. Tradotto: nel centrodestra lo schema pattuito prevede che nel Lazio corra un candidato di Fd’I, nel Molise un candidato di Forza Italia e in Lombardia e Friuli siano riconfermati i governatori uscenti della Lega. Il fattore Moratti rischia di far saltare questo puzzle. E bisogna chiedersi chi, a parte lei, abbia interesse a farlo saltare?

Aria di vendetta?

Non Forza Italia che porterebbe a casa il Molise e, meglio non dimenticarlo, ha già ottenuto quel che voleva in Sicilia, con la candidatura di Renato Schifani al posto dell’uscente Nello Musumeci, difeso fino all’ultimo proprio da Fd’I. Non Matteo Salvini che, ora più che mai, considerato il tracollo elettorale e la rivolta della base proprio in Lombardia, oltre che in Veneto, ha l’obiettivo di evitare di rimandare l’idea di un leader al tramonto e, quindi, ambisce alla riconferma dei governatori del nord-est, trattandosi peraltro di uscenti. Chi potrebbe avere interesse a mandare tutto all’aria è la Meloni, è Fratelli d’Italia, almeno in teoria. I meloniani potrebbero assecondare la Moratti non solo per vendicarsi dello sgarbo subito in Sicilia ma anche per affermare un nuovo equilibrio di potere in Lombardia, sulla scorta dei consensi ottenuti alle ultime Politiche. Questo, però, significherebbe riaprire i giochi e lo scontro anche nel Lazio, oltre che in Friuli e Molise.

Equilibri precari

Significherebbe spaccare la coalizione proprio nel momento in cui deve assumersi l’onore e l’onere di iniziare a governare il Paese. E in una congiuntura complicatissima. Conviene? Non sarebbe meglio sfruttare l’occasione di essere al governo per fare provvedimenti che possano rafforzare il consenso della coalizione nelle regioni attese dalle urne? Bisogna poi considerare che le trattative hanno un inizio certo ma una fine incerta: la Moratti può essere il nome attorno al quale inizia lo scontro interno, ma non è affatto detto che sia anche il nome intorno al quale lo scontro alla fine rientri. Tra i due litiganti (Fontana e Moratti) ci può tranquillamente scappare il classico terzo che gode (Giancarlo Giorgetti?). Da ultimo: in Lombardia funziona che la forza politica che esprime il governatore lascia ad altri l’assessorato più pesante, quello alla Sanità. Con i numeri di oggi appare chiaro che quell’assessorato andrebbe a Fd’I. E non sarebbe l’unico. Per la prima volta i meloniani potrebbero gestire in prima persona partite importanti per la politica lombarda, anche senza necessità di esprimere un governatore. Infine va ricordato che al Pirellone sono pochi quelli che vedono di buon occhio una candidatura della Moratti proprio perché, non avendo lei un partito, risponderebbe meno alle richieste, anche legittime, degli eletti in Consiglio regionale.

L'incognita Terzo Polo

Un eventuale «no» del centrodestra alla Moratti, potrebbe spingerla verso il Terzo Polo e questo, secondo alcuni, potrebbe esserer un pericolo, elettoralmente parlando. In Lombardia, però, il Terzo Polo rischia di rimanere quello che è: stesso perimetro e stesso peso. Difficile immaginare che il Pd vi si allei rinunciando all’alleanza col M5S, difficile pensare a nuovi arrivi (e nuovi consensi) da Forza Italia o dai Moderati, ora che gli uni e gli altri stanno in una coalizione che governa il Paese. Basterà la somma di Moratti, Azione e Italia Viva a rendere l’eventuale battaglia dell’attuale vicepresidente qualcosa in più di una battaglia di disturbo o testimonianza, come nel 2013 quella di Gabriele Albertini (oggi suo sponsor) contro Roberto Maroni?

 

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