Coronavirus, morti in casa di riposo: via agli interrogatori

Non solo Trivulzio, faro anche sulla Anni Azzurri di Lambrate. Presto acquisizione di carte pure nelle sedi dell’Ats

Trasferimento di malati Covid

Trasferimento di malati Covid

Milano, 20 aprile 2020 - «Baggina», ma non solo . Da oggi le audizioni (in videoconferenza) dei primi testimoni, medici, infermieri e operatori che dovranno raccontare se al Pio Albergo Trivulzio il contagio si sia diffuso per il mancato uso di mascherine e per l’utilizzo dello stesso personale per reparti diversi. In Procura c’è anche un esposto di Alessandro Azzoni, del “Comitato giustizia e verità”, che ha una madre ricoverata e ha chiesto di commissariare la struttura perché dentro la situazione è ancora "grave".Ma poi toccherà anche alle altre case di riposo milanesi finite nel mirino della Procura (una quindicina) dopo gli esposti di lavoratori e familiari e dove purtroppo la strage dei nonni prosegue, come nella “Anni azzurri” di Lambrate.

Sempre da oggi, gli investigatori che già hanno visitato gli uffici della Regione dovrebbero acquisire nuovi documenti anche nelle Agenzie di tutela della salute (Ats) che, a detta del presidente lombardo Attilio Fontana, diedero il via libero tecnico all’ormai nota delibera regionale dell’otto marzo scorso al centro dell’inchiesta, che "per liberare posti negli ospedali" consentì alle Rsa di accogliere a certe condizioni malati Covid provocando, secondo l’ipotesi d’accusa, la diffusione del contagio e l’impressionante catena di decessi. La stessa catena che si misura in Brianza: ventiquattro ospiti scomparsi nell’ultimo mese nella Casa famiglia di Busnago, Rsa che accoglie 90 anziani. Solo per tre è stato possibile accertare anche la presenza di Covid-19.

Agli altri anziani che sono venuti a mancare nella Casa famiglia non è stata fatta la verifica post mortem del tampone. In questi giorni però test rapido sierologico per la ricerca degli anticorpi. Intanto si svuota Villa Paradiso, la residenza di Brugherio dalla quale era partito nei giorni scorsi il disperato appello al 112 dell’unico medico non malato rimasto. Qui sono morti 13 anziani: gli ospiti sono stati trasferiti in altre strutture per dare il via alle operazioni di sanificazione.

Anche nel Bresciano la situazione è difficile. Due ospiti delle Rsa su cinque sono positivi al coronavirus. I tamponi eseguiti da Ats Brescia per ora su 4.500 ospiti delle 84 Case di riposo del Bresciano non lasciano dubbi: oltre 1.800 persone tra ospiti e operatori sanitari sono stati contagiati. "Tutte le strutture - ha ribadito il direttore generale dell’Ats di Brescia, Claudio Sileo - hanno iniziato a chiedere e ad effettuare i tamponi, ma scaglionando esse stesse le richieste". Le analisi proseguiranno fino a coprire tutte le 7.000 persone ricoverate insieme al personale sanitario. Intanto nel Legnanese il sindaco di Cerro Maggiore è stato chiamato in causa dalle opposizioni per riferire sulla Rsa di zona. Le minoranze denunciano "inerzia e mancanza di comunicazione" da parte dell’amministrazione comunale. "In paese abbiamo 120 ospiti al Cottolengo ed un centinaio alla Rsa Oasi a Cantalupo ed altri nella residenza Ginetta Colombo.

Solo oggi e nonostante i capigruppo di minoranza chiedano inutilmente da tempo di essere messi al corrente, si è saputo tramite i giornali di alcuni contagi e decessi e nulla in merito a iniziative proprie dell’amministrazione per arginare il fenomeno o agevolare i cittadini più fragili" attacca la minorscrivono dall’opposizione. Secondo l’amministrazione comunale la persona deceduta era un ospite dell’Oasi di Cantalupo, ma è morta in ospedale all’Humanitas. Alcuni operatori della struttura sono attualmente risultati positivi. Nel Lecchese i morti in casa di riposo a Olgiate Molgora da fine marzo sono saliti a 28. In meno di una settimana alla Casa famiglia di via Aldo Moro si sono registrati sette decessi.

Dall’inizio sono mancati quasi un terzo degli ospiti della Rsa, la maggior parte dei quali probabilmente per coronavirus. Mancavano i "presidi sanitari" di sicurezza, come le mascherine, i pazienti e gli anziani con sintomi "non venivano isolati" in modo corretto e i parenti continuavano ad entrare anche dopo lo scoppio dell’epidemia. Sono le accuse messe a verbale da un’infermiera che lavora al Pio Albergo Trivulzio di Merate che è stata sentita dai carabinieri.

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