Expo, la Russia non paga il padiglione: il braccio di ferro arriva a Mosca

Gli imprenditori italiani pronti a depositare il ricorso in tribunale, chiesta un'altra settimana per negoziare

La piazza del padiglione della Russia con la facciata specchiata che è soggetto di molte fotografie dei turisti (Newpress)

La piazza del padiglione della Russia con la facciata specchiata che è soggetto di molte fotografie dei turisti (Newpress)

Milano, 10 ottobre 2015 - La prossima settimana il braccio di ferro tra il padiglione della Russia a Expo e i costruttori italiani per il saldo di 950mila euro di lavori contestati approderà ai piani alti della diplomazia moscovita. «Abbiamo coinvolto la nostra ambasciata – commenta Bruno Antonio Pasquino, commissario generale dell’Esposizione universale –. La parte russa ha dimostrato interesse a risolvere la questione. Ci sono posizioni chiare da entrambe le parti e anche i russi sostengono di avere delle ragioni». A giugno Rvs Holding srl, la società che gestisce la partecipazione del governo di Vladimir Putin a Expo, aveva accusato le imprese edili italiane di aver consegnato un padiglione «incompiuto e difettato» e aveva sospeso i pagamenti. Tuttavia il perito del tribunale di Milano ha dato ragione ai costruttori: il palazzo, scrive nella sua relazione, «appare eseguito a regola d’arte», «fatto salvo la presenza di vizi e difetti di piccola entità».

Le spese della consulenza sono a carico dei russi, ma il sollecito del professionista è rimasto lettera morta. E il rischio è che tocchi agli italiani sborsare anche questi denari. Il gruppo di aziende costruttrici è sul piede di guerra. Forti del parere del perito, i legali di Ges.Co.Mont., Sech, Thyssenkrupp elevator, Mia infissi, Catena service, Idealstile, Vivai Mandelli, Sforazzini, La Casa ed Elios sono pronti a depositare settimana prossima un ricorso in tribunale. Gli imprenditori vogliono chiudere la partita prima del 31 ottobre, perché temono che, terminata l’Esposizione, le controparti moscovite finiscano fuori dai radar. Tuttavia il commissario Pasquino ha chiesto tempo fino a metà ottobre per negoziare attraverso i canali diplomatici, prima di passare alle vie legali.

«Ci sentiamo abbandonati», lamenta Alessandro Cesca della trevigiana Sech, capofila dei subappaltatori. A causa del mancato pagamento dei 950mila euro, su un totale di 7,4 milioni di euro di lavori, gli imprenditori denunciano di aver dovuto licenziare il personale (la Sech ha ridotto i dipendenti da 47 a 21) o di non poter onorare i crediti che vantano i loro fornitori. Solo la società Coiver è riuscita a chiudere un accordo con i russi, ma «abbiamo lasciato giù uno sconto doloroso», aveva raccontato a settembre al «Giorno» l’amministratore delegato Gianmaria Di Bartolo. Il caso del padiglione russo non è l’unico in Expo. «Ci sono altre richieste ordinarie – rivela il commissario Pasquino –. Sono nell’ambito dei contratti. Fino al 31 ottobre ogni contractor deve lavorare e in quest’ambito vogliamo trovare un contemperamento delle ragioni dell’una e dell’altra parte». L’obiettivo è di compensare con i cantieri in programma, tra cui quelli dello smantellamento dei padiglioni, le contestazioni tra le parti. Anche la Russia ha già pianificato la demolizione del proprio edificio, incaricando un’impresa di Rimini.

luca.zorloni@ilgiorno.net

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