Olimpia Milano, Della Valle: "Cosa mi manca più del basket? Il 'ciuff' della retina"

L'esterno dell'Armani Exchange ripercorre tutta la sua carriera dai tempi in cui doveva dimostrare che non giocava solo per il nome di papà fino all'Eurolega con i biancorossi

Amedeo Della Valle in maglia Olimpia nel derby con Varese

Amedeo Della Valle in maglia Olimpia nel derby con Varese

Milano, 4 aorile 2020 - In questo momento rimane tutto sospeso fino al 13 aprile il mondo del basket con la nuova comunicazione della LegaBasket che ha prolungato lo stop, in attesa di una decisione definitiva che potrebbe arrivare proprio a metà mese. In questo senso prende sempre più piede l'ipotesi di chiusura anticipata e Supercoppa allargata a tutti già a inizio settembre. Così in questo tempo sospeso sono sempre più in voga le chiacchierate "social" dei giocatori, come quella che Amedeo Della Valle ha fatto con "Cantieri Aperti 365": “In questo momento mi trovo ad Alba, ho la fortuna che la casa di mia madre ha un terrazzo molto grande. Non è facile per nessuno in questi giorni, ma non si può giustamente fare altrimenti. Mi alleno 3 giorni si e 1 no, non sono proprio capace di stare senza allenamento, fa parte di me fin da bambino”.

Dopo aver vissuto il periodo di isolamento a Milano in seguito agli incontri di Eurolega a porte chiuse: “E' stata un'escalation, nella prima partita con il Real non c'era grande tensione a riguardo, invece già a Valencia c'era un po' di allerta. Al nostro rientro spingevano un po' per fermare il tutto, ma sembrava che la partita con l'Oympiacos si dovesse proprio giocare per forza. I miei compagni che hanno famiglia avevano paura a lasciare le famiglie a casa senza essere certi di poter rientrare. Poi è stato sospeso tutto”.

E quando gli è stato chiesto cosa gli manca attualmente del basket, da tiratore mortifero ha risposto seccamente: "Il ciuff della retina". Tanto che è proprio tra gioie e dolori della sua carriera mette in evidenza due azioni in particolare: “Agli Europei Under20, quarti di finale con la Lituania, 3” dalla fine, il coach mi mette a fare la rimessa. Un tiratore sa che quello è il segnale proprio per non tirare. Invece capita che rimetto male, la palla mi torna addosso, la prendo, tripla vincente e tutti salvi. Invece mi sarebbe piaciuto prendere il tiro nel finale di Gara 7 persa con Reggio Emilia contro Sassari per lo scudetto, chissà se…”

A Milano ha incontrato un giocatore che era già famoso praticamente quando lui era un bambino e giocava a minibasket, Luis Scola: “E' davvero di una categoria a parte, è tranquillo e saggio, sempre positivo. Quando tutti pensano una cosa, lui è capace di darti anche un altro punto di vista. Una discussione con lui, ma anche con Rodriguez, non capita tutti i giorni. Mi colpisce anche la loro curiosità nel cercare di conoscere le generazioni più giovani”. Un buon rapporto anche con la città per: "Devo dire che per me è strategica perchè comunque è comoda anche per la mia famiglia, onestamente la conoscevo davvero proprio prima di venirci a giocare, ho scoperto tutto un mondo che non mi aspettavo".

Prima del palcoscenico della Serie A c'è stato il college ad Ohio State: “E' stata un'esperienza davvero pazzesca, la considero un'esperienza non solo cestistica, ma anche culturale. Mi ha permesso di mantenere tanti contatti con tutte le parti del mondo. Per quel che riguarda il basket ho cercato di scegliere un tipo di gioco un po' diverso da quello che ero abituato perché volevo migliorare, se avessi voluto rimanere a fare quel in cui mi sentivo sicuro forse sarei andato a Gonzaga".

Proprio lui che è cresciuto un papà, Carlo, che è stato uno dei più sopraffini playmaker italiani, grande protagonista della Torino degli anni '80. Uno scoglio da superare all'inizio: “Devo dire che in tutti questi anni mio papà mi aiutato tanto in questo senso. All'inizio, ovviamente, tutti continuavano a dire che giocavo solo perché ero il figlio di Della Valle, finchè non dimostri davvero di poter giocare ad alto livello. Ho sentito queste cose su di me fino alla finale scudetto con Sassari, che mio papà non ha mai fatto. Certo volte è davvero insopportabile”.

Infine un ricordo della vittoria dell'Europeo Under20, l'ultima volta con i ragazzi del 1993: “ È stato bellissimo, una cosa che porterò per sempre nel cuore. E' bello quando vedi la bandiera nel momento in cui sali sul podio , è una cosa che mi affascina tantissimo. Vincere per l'Italia è davvero diverso”.

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