Allarme al Milan: sponsor in fuga

Il flop sul campo fa calare il valore del brand

Il presidente del Milan Paolo Scaroni

Il presidente del Milan Paolo Scaroni

Milano, 23 ottobre 2019 - Un Milan che non attira più come una volta, con tanti sponsor in fuga che fanno suonare immediatamente il campanello d’allarme in casa rossonera. Diminuisce l’appeal del brand o, perlomeno, la voglia di appoggiare un progetto sportivo che oggi stenta a decollare. E il dato, comunque, è allarmante: in tre anni sono stati persi 30 milioni di euro di investimenti dagli sponsor. Di motivi che possano giustificare una tale crisi ce ne sono tanti: si parte con le turbolenze societarie, visto che questo club ha cambiato tre proprietari nel giro di tre stagioni (da Berlusconi a Yonghong Li, da Yonghong Li al fondo Elliott); un cambio cosi continuo e spesso poco chiaro (soprattutto la parentesi cinese…) ha portato all’allontanamento di aziende, anche grosse. È del 2017, ad esempio, l’addio di Audi, che ha creato un buco mai rimarginato in seno al bilancio rossonero. Di certo i risultati deludenti degli ultimi anni hanno fatto crollare il fatturato.

Sono lontani i tempi in cui il Milan era stabilmente tra le prime otto squadre europee; oggi, invece, si fatica ad arrivare ad un piazzamento in Europa League e quando ci si arriva, bisogna fare i conti con le tenaglie del Fair Play Finanziario, che di certo non ha aiutato il Fondo Elliott nel suo percorso di risanamento e risollevamento del club. E pensare che i rossoneri, un tempo, erano leader in Italia nel marketing, mentre oggi i dati sono aberranti: dagli 86,5 milioni di euro di introiti del 2015-16 si è passati ai 56,8 del 2018-19; oggi, per fare un esempio, Juventus e Inter incassano tra il doppio e il triplo rispetto ai rossoneri. E di certo con una forbice così ampia rimanere al passo con i tempi e mantenere un club che possa essere concorrenziale per i primi posti diventa utopistico. Il bilancio 2018-19 del Milan verrà approvato nell’assemblea dei soci che si svolgerà il 28 ottobre a Casa Milan. Ma, oltre alla perdita-record di 146 milioni di euro (la più alta mai registrata dal club) ad impressionare più di tutti è la voce ricavi commerciali, anche questa da record. Negativo, s’intende, perché mai il Milan aveva incassato così poco (56,8 milioni di euro come detto). All’inizio di questo decennio il club rossonero fatturava 80 milioni dal segmento commerciale, che significava andare a velocità doppia rispetto alle già citate Inter e Juventus.

Crollato il mecenatismo targato Silvio Berlusconi, è cominciata la fase di declino. E, a farne le spese, è stato l’appeal del marchio Milan, mai così basso. Di certo l’assenza dalla Champions League per sei stagioni consecutive pesa moltissimo. Questa (ma non solo) ha portato la separazione da Adidas e l’addio a 18 milioni di euro annuali (coperti parzialmente dagli 11 di Puma). A questo si va aggiungere il crollo dei pacchetti promo-pubblicitari passati ai 29 milioni del 2015-2016 ai 12 della stagione 2018-2019. Il Milan ha, quindi, un disperato bisogno di aumentare i proventi ma la forza perduta del brand non sembra permetterglielo. Come ritrovarla? Con grandi risultati in campo. Perché in questo mare di tristezza, ci sono alcuni settori dove la società sta lavorando bene: sono incrementati ii proventi dell’hospitality di San Siro (a quota 5 milioni), ed anche Casa Milan qualcosa incassa. Ma alla fine, come per i giocatori l’ultima parola spetta al campo, per i commerciali parlano i bilanci. Chi non ha mai mollato il Diavolo è il main sponsor Emirates, che dal 2010 versa nelle casse societarie 14 milioni di euro a stagione. Ma la partnership, rinnovata nel 2014, scade a giugno 2020. E la paura che anche gli arabi possano lasciare il mondo rossonero c’è ed è tanta. Rimane da chiedersi, in tutto questo scenario, cosa stia facendo Ivan Gazidis: il manager sudafricano era stato chiamato da Elliott proprio per dare un boost all’area commerciale ma, nonostante i quattro milioni di euro di (lauto) stipendio, ad oggi il suo operato non appare visibile. E prima o poi dovrà dare di conto di quanto sta facendo.

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