Mika incanta al Castello Sforzesco: “Sul palco sono libero” / Video intervista esclusiva

Il cantante e volto tv a Piano City porta il suo mondo a colori (e Michael Holbrook, suo vero nome). Dopo lo show a Milano, il tour mondiale

Notte umida e carica di suggestioni pop ieri sera al Castello Sforzesco per anteprima di Piano City. In scena Mika col suo mondo a colori, ma anche Michael Holbrook, come si chiama all’anagrafe, per riunire davanti alla tastiera personaggio e persona "anche come provocazione verso me stesso". Un evento unico, a cui seguirà il tour mondiale atteso in Giappone, Corea, Francia, Regno Unito, Marocco, Grecia, Spagna, Svizzera e nuovamente Italia nel pieno dell’estate.

Mika, cosa significa ritrovarsi in tournée?

"Ritrovare la strada è molto importante perché mi stacca dalla televisione, mia principale attività post-Covid, per restituirmi ai palcoscenici. Anche per questo ho scelto posti con capienze tra i tremila e i cinquemila posti dove possa esprimermi con la massima libertà, perché non ho un album da promuovere, ma solo energia da condividere. A dire il vero, un paio di album (uno in francese e uno in inglese) li ho registrati, ma usciranno solo nel 2024".

Perché?

"Perché prima voglio ‘resettare’ la mia carriera creando un nuovo legame tra me e il pubblico. Ho capito che l’arte grande provoca grande intimità. E questa magia la puoi trovare pure in concerto, sentendoti solo nella stanza anche se stai in mezzo a quindicimila persone; l’unico abitante di un piccolo mondo assieme all’artista".

Un musicista che le piacerebbe avere sul palco?

"Marisa dos Reis Nunes, anzi Mariza come la conoscono tutti. Portoghese di madre mozambicana, credo sia oggi la più grande cantante di fado al mondo. Una volta l’ho incontrata in un ristorante di Lisbona e alle due del mattino, dopo lungo corteggiamento, ha accettato di cantare una cosa. Ma ha voluto che la sala fosse completamente vuota in modo da farlo solo per me e i miei amici creando quel contatto di cui dicevo".

Cantante, performer, attore, conduttore tv, nella sua carriera di porte girevoli ne ha incrociate diverse.

"Ci sono momenti nell’arte in cui la tua vita può cambiare. Io ne ho avuti due o tre, ma ricordo il primo, quando da bambino alla Royal Opera House di Londra interpretai ‘Die Frau ohne Schatten’, ‘La donna senz’ombra’ di Richard Strauss. Avevo nove anni e il nervosismo condiviso il primo giorno di prove con altri sei o sette miei coetanei era palpabile".

Un po’ come tuffarsi nell’acqua alta per imparare a nuotare.

"Già, ma nel retropalco incontrammo un vecchio uomo che, per allentare la tensione, ci invitò a giocare con lui. Entrammo in una stanza e ci trovammo davanti ad un modellino della scenografia che giaceva lì a pochi metri. Il signore iniziò a divertirsi con quegli oggetti in scala e io, che ero già irretito dell’opera, me ne innamorai perdutamente. Il direttore era Bernard Haitink, il tenore Paul Frey e il signore che giocava con noi lo scenografo in persona: il grande David Hockney".

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