Thohir, cinque anni per l’addio all'Inter

Il 15 ottobre 2013 l’acquisto del club, quindi la presidenza: il tycoon sta per lasciare

Erick Thohir (NewPress)

Erick Thohir (NewPress)

Milano, 15 ottobre 2018 - Scocca un lustro, nella giornata di oggi: cinque anni da quando Erick Thohir ha ufficialmente acquistato il 70% dell’Inter dalle mani di Massimo Moratti. Un mese più tardi avrebbe assunto la carica di presidente, nel giorno dell’Assemblea dei Soci e del primo CdA del subentrante corso, ruolo che ha mantenuto anche una volta affidata la maggioranza a Suning il 6 giugno 2016.

Due anni  e mezzo di transizione, da socio di minoranza con il 31% in tasca, prima dell’uscita di scena che si sta preparando per il 26 ottobre. Tra undici giorni, infatti, i soci si riuniranno nuovamente e (salvo imprevisti) verrà ufficializzato l’avvio di una nuova era. Thohir e il colosso cinese sembrano aver trovato l’accordo per un affare da 200 milioni che consentirà all’indonesiano di realizzare una plusvalenza importante e a Zhang Jindong di prendersi tutto il club, affidando il ruolo di massimo dirigente al figlio Steven. Di fatto, il rampollo di casa Suning è già l’uomo più influente della società. Ha potere di firma, vive l’Inter giorno per giorno dalla sede milanese (ha casa in centro). Di lui i tifosi ricordano soprattutto un’immagine: le lacrime al triplice fischio di Lazio-Inter, la partita che nel maggio scorso ha sancito il ritorno in Champions a sei anni dall’ultima partecipazione. Una dimostrazione di appartenenza al mondo interista che la piazza ha gradito, al pari degli investimenti con cui Suning ha costruito una squadra che sulla carta ha tutto per ben figurare su tre fronti e non tornare in quel baratro di mancate partecipazioni alla principale competizione europea a causa della quale la risalita è stata lunga e difficile.

Del regno di Thohir, sia da socio di maggioranza che di minoranza, resteranno luci e ombre. Ha il merito, almeno in parte, di aver portato a Milano una proprietà solida come quella attuale. Prima ancora, si è premurato di dare una struttura manageriale in grado di agire sui ricavi, avviando il processo di internazionalizzazione del brand in Asia poi “esploso” per l’azione di Suning (vedi aumento alla voce entrate nell’ultimo bilancio nonostante l’assenza dalle competizioni continentali). Non ha però messo in bacheca un solo titolo, né portato campioni di grido alla corte degli allenatori che si sono susseguiti, da Mazzarri a De Boer fino a Roberto Mancini.

Proprio  pensando al commissario tecnico azzurro e alla sua seconda esperienza all’ombra della Madonnina, è logica l’associazione di idee con il lato oscuro dell’era Thohir. Insieme all’ex ad Bolingbroke, scelto dall’indonesiano e con cui Suning ha “divorziato” nell’autunno successivo all’insediamento a Milano, ha gestito in prima persona il divorzio da Mancini. Mancavano tredici giorni dall’inizio del campionato e per sostituirlo si è scelto l’esordiente De Boer, lanciandosi verso un campionato disastroso fin dall’avvio. Gli ultimi mesi da presidente, in pratica dalla riduzione della fetta di quote in poi, lo hanno visto assente “giustificato” da un impegno negli Asian Games che non è sufficiente a spiegare la prolungata lontananza dalla città e dall’Inter. Il passaggio in via di ufficializzazione è la scelta più logica ed è conseguenza di quel che già avviene da tempo nel quotidiano: Suning, a livello decisionale, è l’Inter. Dal 26 ottobre lo sarà al 100%.

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