di Massimiliano Chiavarone

Milano, 19 maggio 2013 - “Cantavo non voglio mica la Luna, ma io l’avevo già trovata a Milano”. Lo dice con la grinta che non l’è mai mancata, Fiordaliso, una delle regine del pop-rock italiano.

E com’è questa luna milanese?
"All’inizio sembrava maligna e invece mi ha riservato enormi soddisfazioni. Il mio rapporto con Milano ha attraversato tre fasi, da refugium peccatorum è stata poi il luogo dove sfogare la mia rabbia, fino a trasformarsi nel simbolo della mia vittoria".

Senti che epopea. Partiamo dalla prima fase.
"Arrivai a Milano nel 1972, a 15 anni, incinta. La mia destinazione era il “Villaggio della Madre e del Fanciullo”, un istituto per ragazze madri, in piazzale Lotto. Vivevo a Piacenza. Quando mio padre seppe che aspettavo un bambino, mi mandò via di casa. Si vergognava troppo. Giunsi in città in agosto, era semideserta. Subito divenni amica delle altre ragazze. I ricordi più forti sono legati ai mesi invernali. Con le altre qualche volta prendevamo il tram per andare in centro. Eravamo tutte con la pancia, si capiva che eravamo ragazze madri. Una volta su un tram – io ero in piedi – una signora si rivolse a un uomo seduto e gli chiese di cedermi il posto. Lui rispose: “Ci doveva pensare prima”. Aveva reagito così perché si vedeva che ero una ragazzina e non avevo la fede al dito. Fui travolta da un’ondata di emozioni, ma riuscii a non piangere. Sentii in quel momento che ero diventata grande".

E poi?
"Nacque il mio primo figlio, Sebastiano e io mi sposai con suo padre. Intanto continuavo la mia carriera. Ma tornai a Milano: qui siamo nella seconda fase".

Che accadde?
"Cominciai a seguire il movimento femminista. Partecipai a tante manifestazioni in Piazza Duomo. Imparai che la situazione personale e la visione politica coincidevano. Alle riunioni, se il mio compagno mi maltrattava dovevo riferirlo. Il femminismo mi ha aiutata a prendere coscienza di me come persona e come donna. E mi ha fatto capire che gli uomini trattano le donne in base all’educazione che hanno ricevuto da altre donne, cioè le loro madri".

Intanto la carriera nella musica continuava.
"Sì, Milano mi vide raggiungere l’apice della popolarità. Era il 1984 e cantai “Non voglio mica la luna” a Sanremo. Ogni volta che andavo nella mia casa discografica la “Durium” che si trovava in via Manzoni, faticavo a varcare la porta d’ingresso: c’erano sempre fans che stazionavano davanti all’entrata. Insomma ancora una svolta importante, in questo caso il successo, raggiunto senza passare dall’alcova di nessuno".

L’occasione mancata?
"“Quello che le donne non dicono”. Enrico Ruggeri, l’autore della canzone, voleva affidarmela per Sanremo. Poi scelse Fiorella Mannoia proprio dopo il successo di “Non voglio mica la luna”, diceva che ormai ero diventata nota grazie a un pezzo troppo commerciale".

La sua strada milanese preferita?
"La Milano storica, quella che diventa borgo antico, come la parte tra via Meravigli e Santa Maria alla Porta, dove ci sono ancora alcune rovine della città imperiale e ed è piena di negozi storici e ricercati".

Progetti?
"Vivo alla giornata. Ho imparato a farlo dopo aver superato una leggera depressione. Faccio molte serate alla Capannina di Forte dei Marmi e sogno di cantare con Tina Turner".

mchiavarone@yahoo.it