Trony, giù quattro serrande a Milano : 140 posti a rischio

Chiuso anche San Babila per il fallimento Dps. Lavoratori nel limbo

Dipendenti della Trony in protesta davanti al negozio di corso Vercelli

Dipendenti della Trony in protesta davanti al negozio di corso Vercelli

Milano, 20 marzo 2018 - Dal Portello a San Babila, da corso Vercelli a corso XXII Marzo/via Bronzetti: a Milano i negozi della Trony sono chiusi dopo il fallimento della Dps, la holding che controlla 43 dei punti vendita del marchio, una delle più grandi catene italiane di elettronica. Nove si trovano in Lombardia, dove ora rischiano 140 dipendenti.

Persino il negozio di San Babila, piazzato strategicamente all’uscita del metrò a far tappa in qualche modo obbligata per i passeggeri, ha la serranda desolatamente abbassata. Il gruppo Dps è uno dei soci di Grossisti riuniti elettrodomestici che possiede Trony fin dal 1997, con in tutto circa 200 punti vendita in Italia. Nella quarantina di negozi controllati da Dps, cinquecento lavoratori a rischio restano nel limbo. Letteralmente: «Dentro i negozi abbiamo ancora le nostre cose e non possiamo andare a prenderle - spiegano i dipendenti milanesi -. Il gruppo Dps è fallito ufficialmente il 15 marzo, ma a noi non hanno detto nulla; uno scarno comunicato sindacale è arrivato col passaparola dopo due giorni». Gli stessi dipendenti attendevano gli stipendi del mese di febbraio, mai arrivati. «Ci avevano inizialmente prospettato problemi bancari. Poi ci hanno lasciati tutti a casa, senza sapere che fine faremo. Siamo carne da macello». La situazione della società Dps era nota ormai da tempo. L’azienda aveva chiesto un concordato preventivo, strada non giudicata percorribile dal giudice fallimentare. In seguito è arrivato il rifiuto, poi è stato decretato il fallimento.

Adesso i lavoratori della Trony sperano in un miracolo: una fase di gestione successiva della rete di vendita, individuando i soggetti interessati a rilevare i 43 negozi rimasti chiusi, distribuiti tra Lombardia, Piemonte, Liguria e Puglia. Se nessuno si farà avanti si cercheranno per i dipendenti soluzioni tampone, come la cassa integrazione in deroga ed altri ammortizzatori sociali. Rimangono però centinaia di persone senza reddito, e dal 15 marzo senza lavoro. Famiglie intere, perché in alcune ci sono due persone occupate nell’azienda. I sindacati, a livello nazionale, spingono per un incontro ai ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro, per trovare soluzioni d’emergenza. Mentre a livello locale occorrerà individuare, negozio per negozio, le possibili strade per utilizzare gli spazi di vendita chiusi e sbloccare la situazione di chi ci lavora, anche se chi subentrerà non si dovesse occupare di elettrodomestici.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro