Stipendi: ecco quanto prendono al giorno dirigenti, impiegati e operai a Milano

In sei anni cresciute le paghe dei manager, gli unici a non perdere potere d'acquisto. Si allarga la "forbice sociale" e aumentano le disuguaglianze

Milano, 22 novembre 2022 - Al gradino più basso ci sono le operaie, che nella Città metropolitana di Milano prendono uno stipendio medio di 55 euro al giorno, 27 euro in meno rispetto a un uomo nello stesso ruolo. In cima, invece, ci sono i dirigenti: in un giorno di lavoro un manager guadagna in media 596 euro, somma che scende a 476 euro per le donne. In mezzo impiegati e quadri, da 110 a 236 euro al giorno. Una forbice che nel lavoro dipendente si allarga anno dopo anno, con disuguaglianze fotografate da una ricerca del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil di Milano su dati Istat, mentre sul tavolo del Governo approda il taglio del cuneo fiscale e l’aumento della soglia della flat tax per le partite Iva. La nota positiva è che Milano, con i suoi 124 euro medi giornalieri di stipendio nel settore privato, si colloca ben al di sopra della media italiana, che è di 31 euro giornalieri inferiore.

Si guadagna quindi il 33,3% in più rispetto ad altre zone d’Italia, dove però il costo della vita è inferiore. Inoltre, analizzando i dati, emerge che i soldi in più sono finiti quasi tutti nelle tasche dei dirigenti. Il 69% della differenza tra il reddito medio milanese e quello italiano è destinato ai dirigenti, il 17% ai quadri, il 13% agli impiegati. Un misero 1% della “torta“ resta agli operai. "Il sistema produttivo è basato in modo strutturale su disuguaglianze insopportabili – spiega Massimo Bonini, segretario generale della Cgil di Milano – soprattutto a svantaggio delle donne e dei giovani. Serve un intervento consapevole politico a supporto della contrattazione collettiva, una legge che misuri la rappresentanza dei sindacati e dei datori di lavoro per evitare il fenomeno dei contratti pirata. Bisogna rafforzare le condizioni generali dei lavoratori, non indebolirle". Secondo il segretario generale della Uil Milano e Lombardia, Enrico Vizza, "dal Governo si stanno proponendo misure che non vanno assolutamente incontro alle esigenze dei lavoratori. Credo che in questo momento ci siano cose ben più urgenti che non l’innalzamento del contante o la flat tax, servono misure strutturali".

Mediamente, a Milano, occorrono 7 stipendi di un operaio per realizzare la retribuzione di un dirigente maschio. Quando a essere dirigente è una donna, servono gli stipendi di 8 operaie. Dal 2015 al 2021 lo stipendio dei dirigenti ha registrato la crescita maggiore, con un +9,2% che ha consentito loro di mantenere invariato il potere d’acquisto. Sullo sfondo “galleggiano“ 438.897 lavoratori part time, due terzi dei quali involontari, più della metà operai con un reddito annuo medio di 8.736 euro. Nel Milanese 46.605 lavoratori hanno un contratto intermittente, e su 303.253 grava l’incertezza del rapporto a termine.

"Da questi dati emerge che più di un terzo del lavoro dipendente colloca il proprio reddito al di sotto della cifra corrispondente alle condizioni dignitose – spiega Antonio Verona, responsabile del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil milanese – cifra destinata a incrementare se si include il lavoro autonomo". È il caso degli "sfruttati a partita Iva", ultimo anello di una catena che attende le mosse del Governo sul nodo flat tax. "L’aumento della soglia rappresenta un importante strumento di semplificazione – spiega Enrico Vannicola, presidente di Confprofessioni Lombardia – dall’altro lato disincentiva l’aggregazione professionale, che il futuro per il nostro mondo". Dagli ultimi dati, il reddito medio dichiarato dai liberi professionisti in Lombardia è di 51.690 euro, che è "appena sopra l’attuale soglia di reddito che beneficia della flat tax pari a 50.700 euro, ovvero 65mila per il coefficiente di redditività che per i professionisti è del 78% rispetto al fatturato".

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