Lavoro, ritorno al 2014: aiuti a 2.500 famiglie

Il Fondo San Giuseppe e l’identikit dei più colpiti dalla crisi

Le richieste di aiuto

Le richieste di aiuto

Milano chiede più aiuto. Milano tende la mano, permettendo una redistribuzione del reddito non scontata in tempi di crisi. A tracciare un quadro dell’emergenza lavoro, delle categorie più colpite ma anche della “Milan col coeur in man“, nonostante tutto, è il primo bilancio del Fondo San Giuseppe, strumento approvato il 22 di marzo dello scorso anno, nel pieno della prima ondata, frutto dell’alleanza fra Diocesi e Comune, che hanno puntato i primi 4 milioni di euro, saliti - grazie alle donazioni di fondazioni e cittadini - a 8.349.985 euro, 4.924.000 dei quali già redistribuiti.

«Le richieste di aiuto si sono concentrate molto su Milano, a dimostrazione di quanto il lockdown abbia colpito duro sulla città, senza pendolari e turisti", ha spiegato Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiano, facendo i conti: 3.110 le richieste di aiuto arrivate, 763 tramite autocandidature e 2.347 dalle parrocchie, vere “sentinelle“; 2.454 le domande approvate. Sono stati erogati dai 400 agli 800 euro per tre mesi, con possibilità di proroga. E se su Milano si è concentrato il 41,7% dei contributi (2.051.800 euro che salgono a 2.794.400 contando chi non abita ma lavora in città), arriva da Milano il 42,3% delle donazioni (con 1.082 offerte per oltre un milione e mezzo di euro). Dai dati emerge l’identikit di chi ha avuto più bisogno. Chi è stato travolto dalla crisi connessa alla pandemia e ha chiesto aiuto è nel 53,8% dei casi un uomo, ha tra i 35 e i 44 anni (36,5%); rispetto ad aprile 2020 quando il 48% era italiano e il 52% di origine straniera, questi ultimi salgono al 58,7%; il 38,4% è cassintegrato. Ad essere più penalizzate - ancora una volta - sono le famiglie numerose. La fetta maggiore di chi ha bussato al Fondo San Giuseppe è del settore della ristorazione (36,6%), il 12,7% lavora o lavorava in alberghi. Chi non aveva contratto regolare è stato dirottato verso altri strumenti d’aiuto e, in particolare, verso il Fondo diocesano di assistenza che, nell’ultimo anno, ha erogato 1.367.481 euro e ha aiutato anche 394 lavoratori in nero o tirocinanti.

«In termini occupazionali siamo ai livelli pre-Expo, abbiamo fatto un passo indietro di 5 anni", ha ricordato il sindaco Giuseppe Sala, che guarda al post-emergenza: "Conto tantissimo sui fondi del Recovery plan – ha confessato –, Milano si candida a poter fare una parte da protagonista, i progetti ci sono già, sono in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea e quei fondi devono essere spesi entro il 2026. È la via principale che vedo per garantire l’occupazione e la ripartenza". Perché se ci sono segnali positivi nel Real Estate, per un "turismo solido ci vorrà del tempo, un paio di anni". "Le caratteristiche di Milano e le ragioni per cui la città si candida a partecipare, a valutare e ad apprezzare i fondi europei ci dicono che Milano ha dentro un’anima di prospettiva, di intraprendenza e di creatività", sottolinea anche l’arcivescovo Mario Delpini ricordando però che "ben vengano le risorse europee, ma più necessaria ancora è una spiritualità milanese che approfitti delle proprie competenze e risorse per costruire percorsi di futuro".