La bolla del delivery, dagli investimenti ai tagli

Contratti a termine non rinnovati in vista dell’estate e concorrenza spietata sulla spesa a domicilio: "Il mercato si satura, pagano i lavoratori"

di Andrea Gianni

Lo sbarco a Milano delle multinazionali della spesa a domicilio era stato seguito nel 2021 da una campagna pubblicitaria martellante sulle strade e sui social, offerte a raffica rivolte ai consumatori e il reclutamento di rider, biker, shopper e picker attirati dalla possibilità di ottenere condizioni migliori e più stabili nella giungla del delivery. Un anno dopo, stabilizzato un mercato esploso durante la pandemia e in grado di calamitare massicci investimenti dall’estero, si assiste a contratti a termine scaduti e non rinnovati, una riduzione delle flotte, frizioni con i sindacati e piani di stabilizzazione del personale rimandati a data da destinarsi. Sulle strade si combatte una concorrenza spietata fra colossi internazionali come la turca Getir e la tedesca Gorillas, piattaforme italiane come Macai ed Everli e altre app che offrono la consegna di prodotti a casa, prelevati dai supermercati o da una rete di “dark store“ sul territorio.

"Il mercato si sta saturando – spiega Angelo Avelli, del sindacato Deliverance Milano – le aziende dimezzano le loro flotte e a pagare il prezzo sono i lavoratori. I contratti a termine non vengono rinnovati anche in vista dell’estate, che per Milano corrisponde a un calo degli ordini". La tedesca Gorillas, nata in piena pandemia, ha già annunciato a livello globale il licenziamento di circa 300 dipendenti negli uffici, concentrando i propri sforzi su mercati in crescita come Germania, Francia, Uk e Stati Uniti. Il rischio è quello di una “ritirata“ da piazze meno redditizie, fra cui Italia, Spagna e Portogallo. Lo scorso 29 aprile, tra l’altro, la società ha firmato a Milano un accordo nazionale con i sindacati Fit-Cisl e Uil Trasporti (la Cgil non ha sottoscritto l’intesa) che consente di operare per un altro anno in regime di "avvio di nuova attività" derogando quindi al tetto di contratti a termine previsti dalla legge. La società si impegna quindi "con decorrenza dal primo gennaio 2023 alla stabilizzazione a tempo indeterminato di una percentuale non inferiore al 50% dei lavoratori a tempo determinato che abbiano maturato un’anzianità aziendale compresa fra 18 e 24 mesi" con il contratto di lavoro “Logistica, trasporto merci e spedizione“, diverso rispetto al contratto “Commercio“ applicato all’inizio. Il punto interrogativo è su quanti biker e picker saranno rimasti nella flotta fra 12 mesi.

Anche la multinazionale turca Getir, sbarcata a Milano in contemporanea con Gorillas, secondo i sindacati sta tagliando numerosi contratti, così come l’italiana Everli e Just Eat. "Assumiamo dipendenti man mano che cresciamo – ha spiegato Getir – ma a volte dobbiamo separarci da alcune delle nostre persone. Dal suo arrivo in Italia, Getir ha creato 1214 posti di lavoro e ha intenzione di far crescere il proprio team di oltre il 50% nei prossimi 12 mesi, avviando le attività in nuove città" che si andranno ad aggiungere a Milano, Roma e Torino. "Queste aziende operano nel settore del commercio pur con nuove forme – spiega il segretario generale della Filcams-Cgil di Milano, Marco Beretta – e il nostro obiettivo, anche in questo caso, è la stabilità occupazionale e il rispetto dei diritti dei lavoratori". Diritti che spesso, nella giungla delle piattaforme, vengono calpestati. "Mi è capitato di chiedere al lavoratore non subordinato di una piattaforma informazioni sui suoi orari – spiega Francesco Melis, sindacalista della Nidil Cgil di Milano – e la risposta è uno spaccato delle condizioni: “Lavoro da quando sorge il sole fino a quando tramonta".

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