Ripartiamo dall’intrattenimento per rilanciare Milano

Dopo il lockdown, l’auspicio dell’imprenditore Guido Cancellieri, che lancia l’idea di una “Movida responsabile”

L'imprenditore Guido Cancellieri

L'imprenditore Guido Cancellieri

Milanol 15 giugno 2020 - Il prolungato lockdown ha messo in ginocchio il mondo della ristorazione e dell’intrattenimento. Gli operatori di quel settore cercano faticosamente di ripartire ma hanno registrato perdite ingenti e temono che la paura del virus e i ritardi della politica continuino a tenere lontani dai loro locali i cittadini milanesi. Abbiamo intervistato uno di loro, Guido Cancellieri, imprenditore e storico gestore di importanti locali milanesi nel cuore del centro storico, in Brera e in altre zone centrali della città. Il Fashion Cafè, in via San Marco e il Mama Burger (aperto con il suo socio storico, Stefano Graziani), sono le punte di diamante della sua attività. Il Mama Burger è il primo punto vendita della catena di fast food high end MamacBurger. "A breve – fa sapere Cancellieri- ripartiremo con lo sviluppo della catena, forzatamente interrotto dalla pandemia, implementando l'offerta con due nuovi format: uno a base vegetariana e l'altro sull'hot dog gourmet. Per l';anno nuovo invece speriamo di essere in grado di lanciare un nuovo Lounge bar molto particolare".

Può quantificarci i danni della pandemia per le vostre attività? "I danni purtroppo sono ingentissimi già ad oggi e, temo, l'eventuale ripresa che potremo avere da settembre sarà comunque molto debole e lenta. Abbiamo stimato una perdita tra marzo e fine luglio per il Fashion Cafe di circa 700.000 euro mentre per il Mama Burger saremo, temo, sul milione e 100.000 euro. So per certo che tante centinaia di attività simili alle nostre hanno registrato perdite analoghe. Il nostro settore è stato ovviamente uno dei più colpiti dal lockdown e gli strascichi si vedranno per mesi, anche a causa della eccessiva campagna di terrore mediatico intrapresa dal governo e dagli organi di informazione scientifica che, tolte le prime settimane di doverosa cautela, avrebbero probabilmente dovuto gestire diversamente il problema. Ad oggi infatti, per fortuna, contrariamente alle previsioni catastrofistiche (se si apre a maggio avremo 150.000 persone in terapia intensiva) l'evidenza sembra dare ragione del contrario. Ma purtroppo in termini economici il danno è stato fatto. L'Italia ed in particolare la Lombardia sono ormai visti come dei pericolosi untori. D'altronde il Paese si è trovato ad affrontare una pandemia con uno dei peggiori governi che si potessero trovare: una raffazzonata armata brancaleone, tecnicamente incapace, spesso ottusamente ideologizzata e ferma su posizioni anacronistiche, che, non solo non ha saputo gestire l'emergenza, ma sta alimentando una pericolosa frattura sociale tra chi produce e chi no".

Quali le colpe del Governo e della politica in generale? "Direi che la quasi totalità della classe politica ha dimostrato di essere totalmente inadeguata sotto tutti i punti di vista. Il dato più preoccupante che emerge da questa triste vicenda è la distanza siderale tra politica e la vita reale. Un distacco ancora più terribile e gravido di conseguenze ancora tutte da affrontare, se si pensa a come questa distanza stia distruggendo l'ultima parte di linfa vitale del Paese, cioè le piccole e medie imprese. Il Governo mi sembra abbia gestito la situazione semplicemente fermando il Paese, con un atteggiamento miope e paternalistico, con l'unico risultato (scopo?) di resistere incollato alle poltrone per qualche mese, senza avere la benchè minima prospettiva sul dopo. E questo emerge anche in altri ambiti, basti pensare al discorso scuola, su cui siamo indietrissimo rispetto agli altri paesi. Gli errori sono così tanti e madornali da non poter essere derubricati ad inevitabili in quanto legati ad una contingenza nuova e straordinaria. Ritardi cronici per la cassa integrazione, quasi completa assenza di aiuti finanziari, commissari straordinari incapaci di qualsiasi cosa, task force, che già di per se delegittimano l'operato del governo, lasciate inascoltate, e si potrebbe continuare. Ovviamente la situazione è stata difficile e di soluzioni "ottime" non ce ne sono, ma qui non si è arrivati nemmeno alla sufficienza. Sul nostro settore che è stato il front line della crisi, in particolare si sarebbe dovuto operare in maniera molto più efficace e tempestiva per quanto riguarda gli aiuti finanziari e la cassa integrazione, sull'introduzione di un semestre bianco fiscale, evitando di buttare tutto in caciara sia all'inizio (#milanonsiferma ad es.) che durante e dopo. Nessuna chiarezza in nessuno dei provvedimenti adottati. La riapertura del 18 maggio, ad esempio, annunciata il 17 notte, come se riaprire le attività sia cosa di un'ora. Ad oggi a Milano le richieste per l'occupazione del suolo pubblico in deroga, altro esempio, sono ancora pending. E il tempo passa".

La Regione Lombardia è nell’occhio del ciclone. Secondo alcuni ha commesso molti errori. Sulla Regione attenderei le risultanze delle indagini per capire bene quali siano le reali responsabilità. Certo mi viene da dire che anche in Regione non mi pare di avere visto dei novelli Churchill alla guida. Sulla città vedo più che altro la dimostrazione di come le ultime giunte siano più interessate ad opere di ingegneria sociale forzate piuttosto che al buon governo della città stessa, basti pensare a come la priorità del sindaco in ottica di rilancio delle attività sia stata il rafforzamento delle ciclabili, a discapito delle attività commerciali e dell'afflusso di chi viene da fuori".

Come pensate di gestire le vostre attività nei prossimi mesi, nonostante tutte queste difficoltà che lei ha descritto? "Noi come settore e più in generale tutte le attività economiche stiamo più che altro tentando di resistere, nella speranza che prima o poi i tanto sbandierati aiuti economici arrivino. Non abbiamo grandi armi per superare questa situazione se non la volontà di non mollare. Credo poi che questa pandemia porterà anche ad un cambio dei costumi sociali, ma ad oggi dire come e in che misura è difficile. Faccio un esempio: l'introduzione forzata dello smart working ha di fatto azzoppato tutte le attività di ristorazione diurna ed ha svuotato i centri cittadini. Io temo che finita la crisi molte aziende rimarranno almeno in parte a far lavorare così. Se così sarà il nostro mercato, il commercio e l';immobiliare saranno travolti da un secondo tsunami. Ci sarà quindi da reinventare un intero mondo economico, ma dire ora come sinceramente non saprei".

Se dovesse proporre una ricetta per accelerare l’uscita dalla crisi a cosa penserebbe? "Noi da settimane stiamo promuovendo una sorta di “movida responsabile”, fondata sulla messa in sicurezza di tutte le nostre attività, con una scrupolosa osservanza delle misure di precauzione per la nostra salute, ma senza rinunciare alla sana aggregazione tra le persone. E’ una strada che deve essere implementata e portata avanti anche nelle prossime settimane, durante le quali presumibilmente ci saranno ancora restrizioni, paure e difficoltà a tornare alla normalità. Dal punto di vista strettamente politico e istituzionale, occorrono: sburocratizzazione immediata; dell'accesso al credito e più in generale del rapporto tra privato e pubblico; semestre fiscale bianco (o anno, dipende da cosa succederà a settembre); concertazione vera e non solo di facciata con chi produce che, ricordo, è anche chi dà il gettito fiscale che mantiene questo Paese".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro