Giganti del web a Milano, Facebook: licenziamenti dimezzati. Ma si apre il caso Google

La società di Zuckerberg trova l’accordo con i sindacati: uscite volontarie. Il motore di ricerca annuncia il piano di tagli. E spunta il fronte Spotify

La sede milanese di Facebook in piazza Missori, nel centro storico della città

La sede milanese di Facebook in piazza Missori, nel centro storico della città

Milano - Il braccio di ferro era iniziato lo scorso 17 novembre, data del primo incontro fra i sindacati e il colosso dei social Meta-Facebook, che qualche giorno prima aveva comunicato i licenziamenti in Italia nell’ambito del piano globale di tagli del personale. Ieri, al fotofinish e dopo lunghe trattative, è stato raggiunto a Milano un accordo fra i sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs e il “braccio italiano“ di Meta. Gli esuberi vengono di fatto dimezzati, dai 23 iniziali a 12. E l’unico criterio di scelta per i licenziamenti sarà "l’adesione a un’uscita volontaria", grazie a incentivi messi sul tavolo da Meta: indennità e supporto per la ricerca di nuovi impieghi. "La nostra azione ha permesso di tutelare i diritti e gli interessi dei lavoratori – spiegano i sindacati – garantendo loro un trattamento equo e giusto in un momento difficile. Questo accordo conferma l’importanza del sindacato, senza il nostro ruolo i lavoratori sarebbero stati esposti a condizioni di licenziamento ingiuste e senza supporto alcuno". Un accordo che, al di là dei numeri in gioco, relativamente piccoli, ha un valore simbolico, in un settore dove i sindacati non erano mai entrati.

Rispetto a Paesi dove è più facile licenziare, in Italia è stato posto un argine, costringendo la multinazionale a scendere a patti e a ritirare una parte degli esuberi tutti concentrati a Milano, nella sede in piazza Missori 2 inaugurata in pompa magna nel 2014, luogo di lavoro per 127 dipendenti. Un impatto, inizialmente, sul 17% del personale. Creativi, addetti al marketing e alla comunicazione, professionisti del web con alte qualifiche, in alcuni casi appena assunti. Gli esuberi sono stati motivati dalla "necessità di contenere costi su dipartimenti ritenuti meno profittevoli spostando i futuri investimenti a favore di altri ritenuti strategici, su tutti il metaverso". Ma anche "dall’agguerrita competizione nel mercato delle “piattaforme”" da "un calo dei proventi pubblicitari" e dalla scelta "legittima degli utenti di limitare la tracciabilità dei loro dati".

Uno scenario di crisi che non riguarda solo la creatura di Mark Zuckerberg. Quasi tutti i colossi del web hanno annunciato dimagrimenti del personale, gonfiato negli ultimi anni. L’ultima grande azienda tecnologica è la svedese Spotify, leader del mercato dello streaming musicale: addio a circa 600 dipendenti, circa il 6% della forza lavoro. Un piano che potrebbe avere un impatto anche in Italia, visto che Spotify ha da poco inaugurato la nuova sede milanese, in via Joe Colombo, zona Porta Nuova, con 100 dipendenti (la metà in smart working) che si occupano della macroarea Sud ed Est Europa. Incognite anche sugli effetti in Italia, dove lavorano circa 400 dipendenti, la maggior parte nel quartier generale milanese in via Federico Confalonieri, del taglio di 12mila posti di lavoro nel mondo annunciato da Google, preceduto da un piano analogo varato da Microsoft. Lo spettro è quello di Twitter che nel 2016 diede l’addio all’Italia, abbandonando la sede milanese in via Camperio e i suoi dipendenti. E Amazon? Durante un incontro con i sindacati il gigante dell’e-commerce avrebbe speso parole rassicuranti. Licenziamenti nel mondo ma, almeno per ora, non in Italia.

 

 

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