Colnago, la storia delle innovazioni della bicicletta: "Sempre stato controcorrente"

Ernesto Colnago racconta come sono nate le invenzioni della società di Cambiago: dal primo telaio in carbonio, alla collaborazione con la Ferrari fino ai freni a disco per ile biciclette da corsa

Ernesto Colnago

Ernesto Colnago

Cambiago (Milano), 1 ottobre 2018 - «La bici da corsa per me era solo la bici da corsa. Non avevo mai pensato alla versione e-bike. Tanti amatori, però, la chiedono per tornare a fare le salite di un tempo. Perché non accontentarli? Ovvio, con lo stesso approccio». L’approccio è quello di Ernesto Colnago, il fondatore di un’azienda che da bottega artigiana di biciclette è diventata fabbrica di gioielli che vantano 61 titoli mondiali, 11 olimpici e 21 grandi giri. Per far capire si potrebbe usare la definizione la “Ferrari delle biciclette”, con la quale Colnago tra l’altro ha collaborato per 30 anni. Siamo a Cambiago, a 20 km da Milano, dove lavorano 40 dipendenti «con una grande passione per la bicicletta», precisa Colnago. Qui sono nate tante delle grandi innovazioni della bici: il primo telaio a sezione sagomata, il primo telaio in carbonio e i freni a disco montati su un mezzo da corsa. Solo per fare alcuni esempi. Ernesto Colnago, 86 anni e tanta voglia di continuare a fare grandi biciclette lanciandosi in nuove sfide come quella dell’e-bike da corsa, ci aspetta nel suo ufficio: «Sono figlio di contadini e me ne vanto. Dai miei genitori ho imparato l’onestà. E la continuità nell’onestà».  Inizia così il racconto di Ernesto Colnago. Mentre parla spesso fa degli schizzi sul foglio che ha di fronte. «Aiutavo mio papà a mungere le mucche – continua – ma a 12 anni e mezzo sono andato a lavorare in un’officina. Riparavo tutto quello che c’era da riparare e per restare lì dovevo portare due chili di farina gialla a settimana». La svolta, però, arriva grazie ad infortunio: «Correvo in bici ma per una brutta caduta nella Milano-Busseto del ’51 mi sono rotto il perone. Sono rimasto a casa per un po’ con la gamba legata ad un asse. Ma potevo sostituire le ruote alle biciclette che la Gloria, dove lavoravo come dipendente, mi mandava. In 50 giorni guadagnai 200 lire, quando in fabbrica ne prendevo 80. Così mi sono messo in proprio, la prima officina era 5 metri per 5». Colnago, però, ha occhio. Si accorge del difetto nella pedivella di Fiorenzo Magni, il Leone delle Fiandre, e si offre di sistemare il difetto per fargli passare i dolori muscolari. Ci riesce, dopo pochi giorni parte al suo seguito per il Giro d’Italia come aiutante del meccanico. È il 1952. «Ne è passato di tempo, eh», sorride. Inizia così la carriera da meccanico di Colnago: una gavetta utile per capire come si comportano le biciclette e quelli che dovranno spingerle al massimo. Ma cos’hanno in comune le innovazioni? Apre la parte bassa della scrivania e si vedono spuntare numerose cartellette. Ne estrae una e la apre: ci sono depliant che, sfogliandoli, diventano pieni di schizzi di parti di biciclette nelle parti bianche delle pagine. «Tante idee mi sono venute in aereo tornando dai viaggi nel mondo».  Poi c'è il carbonio. «Tutti dicevano che si sarebbe spezzato. Riconoscevano la leggerezza ma non pensavano potesse reggere». Colnago così nel 1986 va da Enzo Ferrari per provare a fare ricerca assieme: con Maranello nasce una collaborazione che durerà 30 anni. Il carbonio è la strada giusta, come dimostrano anche studi del Politecnico di Milano: nel 1989 viene commercializzato a nome Colnago il primo telaio in carbonio della storia. Il fondatore dell’azienda mette sulla scrivania due parti di telaio tagliate: una è ruvida e scolorita dentro e bella liscia fuori. L’altra lo è fuori e dentro. Prende la prima e la lancia nel mezzo alla stanza. Il rumore è sguaiato. Stessa cosa con il secondo: il rumore è più breve composto. «Senti, il carbonio canta. E deve essere bello sia dentro che fuori. Va usato quello giusto». Nel 1995 Ballerini vince la Parigi-Roubaix, gara leggendaria con tratti molto sconnessi di pavé, con un telaio Colnago in carbonio. Nessuno ci aveva mai provato, tutti erano convinti che non avrebbe retto gli scossoni. Invece. 

 

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