Il diritto a manifestare non può ledere la libera iniziativa economica

La possibile soluzione: via libera a cortei e presidi, ma in luoghi che non minaccino negozi ed esercizi

Corteo no green pass a Milano

Corteo no green pass a Milano

Milano - Diritto a manifestare e diritto a poter svolgere la propria attività imprenditoriale possono coesistere in una fase in cui le proteste nelle città rischiano di affossare il commercio locale?   Diritto al lavoro e diritto a manifestare stanno trovando un inedito campo di scontro, quello delle manifestazioni “No green pass”, che da mesi bloccano il centro di Milano durante i weekend, e delle richieste dei commercianti, che hanno denunciato diminuzioni di vendite fino al 30% per colpa dei cortei non autorizzati. 

“Abbiamo perso dieci milioni di euro di incassi in tre giornate di possibile shopping, solo nella zona del centro e di Corso Buenos Aires”. A raccontarlo al Giorno è Marco Barbieri, segretario generale di ConfCommercio Milano. La lotta tra l’associazione di categoria milanese e i manifestanti No Green Pass è arrivata a un livello di scontro che la politica non può ignorare. ConfCommercio Milano ha lanciato da poco una petizione online per sensibilizzare le istituzioni e su questo tema si è espresso duramente anche il presidente Carlo Sangalli.  La libertà di manifestazione è protetta dalla Costituzione, all’articolo 17, e all’Articolo 1 dello stesso testo, si ricorda un altro postulato: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Anche quello degli imprenditori e libero professionisti che formano la classe produttiva del nostro Paese. 

“La libertà di manifestare deve essere consentita se si rispettano le leggi. A Milano ci sono state quindici manifestazioni No Green Pass che hanno violato le regole, causando moltissimi disagi”, prosegue Marco Barbieri. A mancare è l’enforcement di regole che sono state sviluppate proprio per garantire la massima libertà di espressione democratica dei cittadini.  In questa dialettica si osserva l’immaturità culturale di un Paese che ha relegato l’attività imprenditoriale ed economica ad un mero strumento di sovrastruttura. “La libera iniziativa economica può svolgersi ma non in contrasto con l’utilità sociale”, come recita la nostra Costituzione.

E che succede se accade il contrario? Che succede se un istituto democratico, come la libertà di manifestazione, indispensabile per l’utilità sociale, minaccia la libera attività economica?  Accade che un Paese si trova di fronte ad un paradosso complesso, divisivo, ma non per questo da ignorare: dare priorità a due legittime istanze in un contesto di estrema fragilità sociale ed economica. 

Per chi scrive la soluzione è relativamente semplice: continuino le manifestazioni, ma in luoghi e in modi che non minaccino la libertà di impresa dei commercianti italiani e con un enforcement della normativa che deve essere rispettato.  Come analizzato in una recente pubblicazione di Gilberto Corbellini, filosofo della scienza, e Alberto Mingardi, politologo e direttore dell’Istituto Bruno Leoni "La società chiusa in casa. La libertà dei moderni dopo la pandemia”(Marsilio), l’unica via di uscita dalla pandemia, insieme ai vaccini, può essere solo quella della promozione del mercato e dello sviluppo economico. 

Dietro ogni negozio ci sono dipendenti, fornitori, proprietari immobiliari, produttori. A poche settimane dal Natale non è possibile accettare un rischio economico così importante.  Se si fermano commercio e attività delle città rischia di fermarsi, di nuovo, l’intero Paese. Non possiamo permettercelo. 

 

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