Artigiani, in migliaia a Milano per chiedere al governo più lavoro e investimenti

Manifestazione nazionale organizzata da Confartigianato: "Evitare la procedura d'infrazione"

Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato

Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato

Milano, 14 dicembre 2018 - Il governo «non tiri il freno a mano» e investa sullo sviluppo. Eviti «la procedura d’infrazione da parte dell’Europa che potrebbe portare turbolenza sui mercati», perché «le piccole imprese sono esposte come non mai alla concorrenza internazionale». Non reddito di cittadinanza, ma misure per «incentivare le nuove assunzioni». Messaggi lanciati dai circa duemila imprenditori che si sono riuniti a Milano per la manifestazione «Quelli del sì» organizzata da Confartigianato. Un appello diretto al governo dopo che, attacca il presidente dell’associazione, Giorgio Merletti (nella foto), «si è alzato un vento sgradevole» per le piccole imprese. «Gli artigiani si sentono un po’ come i ciclisti che hanno dovuto far fatica per raggiungere il gruppo – sintetizza il segretario generale Cesare Fumagalli – e non intendono sopportare che nessuno tiri il freno. Tutte le condizioni che concorrono ad andare avanti ci troveranno partecipi nello sforzo, quelle che ci faranno rallentare troveranno la nostra ferma opposizione».

Lo spettro che aleggia è la procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea, al centro delle trattative fra governo e Ue dopo la svolta sul deficit. Gli artigiani chiedono all’esecutivo Lega-M5S di «partire dal lavoro per arrivare al reddito di cittadinanza e non viceversa», sperano di «non restare delusi dalla flat tax che abbiamo salutato positivamente», spingono per investimenti pubblici, specie in infrastrutture. «Noi non facciamo politica: vogliamo solo aiutare chi governa», spiega Merletti. Tra il pubblico politici come Mariastella Gelmini (FI), Alessandra Moretti (Pd) e Dario Violi (M5S). 

Applausi per l’imprenditore edile siciliano Giuseppe Piraino, che si è ribellato a Cosa Nostra filmando e facendo arrestare l’uomo che gli chiedeva il pizzo. «Dobbiamo vincere la paura – spiega – non siamo più negli anni ’80». Sul tavolo dati che dicono come tra il 2009 e il 2017 gli investimenti pubblici in Italia siano crollati del 37%, provocando la perdita di 122mila posti di lavoro nel settore delle costruzioni. E quest’anno il loro valore sarebbe inferiore di 17 miliardi rispetto alla media Ue. Secondo Confartigianato l’Italia ha una dotazione infrastrutturale inferiore del 19,5% rispetto alla media Ue e nelle 8 Regioni più manifatturiere (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia- Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Marche) il gap di infrastrutture sale al 20,6% rispetto ai competitor della Germania. Focus sulle opere, con il calcolo che il collegamento ferroviario Torino-Lione, la galleria di base del Brennero, la Pedemontana lombarda e veneta, il Terzo valico, il sistema stradario in Sicilia, la linea alta velocità Napoli-Bari e il passante Nord Bologna avrebbe un costo di 36,8 miliardi, «solo» il 2,1% del Pil. 

E i serata è arrivato l’esito dell’analisi costi/benefici, reso noto dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, su una delle opere elencate: il Terzo valico dei Giovi, la nuova linea ferroviaria ad alta velocità per merci e passeggeri che collegherà Genova con Milano e Torino. L’opera, spiega il ministro, «non può che andare avanti» ma rendendola «più efficiente rispetto agli scopi». Il costo «supererebbe i benefici per un miliardo e 576 milioni», ma «il totale dei costi del recesso ammonterebbe a circa 1,2 miliardi di soldi pubblici»

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