Amazon pigliatutto, commercio giù. Cgil: "Lavoratori ancora sfruttati"

Solo l’online ha numeri in crescita. Il sindacato all’attacco nonostante l’aumento di 100 euro lordi in busta paga: "Riconosciuto un diritto ma non basta, vertenza per recuperare il salario perso"

Amazon (foto di repertorio)

Amazon (foto di repertorio)

Milano, 27 dicembre 2019 - Affari che vanno a gonfie vele per Amazon, con un boom di vendite nel periodo natalizio e la creazione di 1.400 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato in Italia nell’anno che si sta per concludere, per un totale di 7.000 dipendenti. Relazioni sindacali che dopo l’avvio di un dialogo tornano tese, con la Filt-Cgil di Milano che attacca: "Da gennaio promuoveremo una vertenza per recuperare il salario perso in questi anni". Terremoto sul commercio tradizionale e, altra faccia della medaglia, produttori che grazie a internet possono affacciarsi su un enorme mercato. Luci e ombre del fenomeno Amazon, che a Milano e in Lombardia sta registrando numeri da record.

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato a dicembre dell’Osservatorio eCommerce B2c promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm, l’ecommerce in Italia "prosegue la crescita anche nel 2019 e sfiora i 31.6 miliardi di euro". Un peso sempre più rilevante, anche se sono ancora lontani i livelli di mercati più maturi come Cina o Gran Bretagna, dove per ogni 100 euro spesi dai consumatori circa 20 transitano online. Nonostante nel nostro Paese rappresenti ancora una piccola parte degli acquisti complessivi (7.3% del totale), l’e-commerce genera infatti il 65% della crescita retail complessiva, online più offline. Internet spinge la crescita ma, nello stesso tempo, mette in crisi forme di commercio più tradizionali. Gli effetti si fanno sentire sulle librerie e sui negozi di abbigliamento e accessori, ma soprattutto sul comparto informatica ed elettrodomestici. Cambiamenti delle abitudini dei consumatori e l’effetto internet sono tra i fattori che in Lombardia hanno portato alla crisi di storiche catene come MediaWorld e Galiberti, un tempo passaggio obbligato per chi era in cerca di elettrodomestici a prezzi conveniente. Resiste chi è riuscito a offire prodotti che sul web non si trovano, chi punta sulla qualità e sulle idee innovative. Poi c’è la questione ambiente - con il capitolo imballaggi e inquinamento generato dai trasporti - e del modello di lavoro, nella catena di montaggio di consegne estese sempre più sette giorni su sette. Anche in seguito allo sciopero con presidio davanti alla sede milanese del colosso creato da Jeff Bezos i driver avevano ottenuto migliorie contrattuali e tutele, con regole minime nella giungla dei pacchi. Per tutti i dipendenti del magazzino inoltre è arrivato, a partire dalle buste paga di gennaio, un aumento del salario di ingresso di 100 euro lordi al mese.

Aumento che, per la Cgil, non è un regalo ma un semplice riconoscimento di un diritto. "I lavoratori dei magazzini Amazon hanno avuto in questi anni un inquadramento contrattuale più basso di quello previsto dal contratto nazionale di lavoro", spiega Emanuele Barosselli, segretario regionale della Filt-Cgil che ha denunciato problemi di "sottoinquadramento dei lavoratori del magazzino, turni e orari di lavoro, pressioni quotidiane sul luogo di lavoro". Alessio Gallotta, funzionario Filt, sottolinea che "il tentativo del colosso e-commerce è chiaro: screditare le dinamiche sindacali facendo credere che questo riconoscimento è un regalo di Natale quando è frutto del lavoro e della contrattazione". Per questo il sindacato potrebbe tornare in piazza. "Aziende come Amazon non possono pensare di infrangere le regole dei Paesi dove lavorano - sostiene Luca Stanzione - segretario generale Filt Lombardia - rispettare la contrattazione fa parte delle questioni che Amazon dovrà digerire".  

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