Valentina Lisitsa: "La mia regola? Amo tutto ciò che eseguo"

La pianista ucraina è ospite a LaVerdi

Valentina Lisitsa

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Milano - Valentina Lisitsa è sempre da ascoltare, sia alla tastiera sia se si racconta. La celebre pianista ucraina è ospite a LaVerdi domani, alle 20, e domenica, alle 16; in programma brani di Šostakovic "Ouverture su temi popolari russi e circassi"; di Stravinskij "L’Uccello di Fuoco, Suite"; di Cajkovskij "Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in Si bemolle min. op. 23", sul podio Francesco Milletarì. (info e biglietteria 02 83389.401, e-mail: biglietteria@laverdi.org). La pianista parla della scelta dei brani: "Non ho una ricetta fissa, a volte celebro l’anniversario di un compositore, altre casulamente mi innamoro di uno spartito. La regola è amare sempre ciò che si esegue".

Ben tornata a Milano. "Qui ritrovo un mondo, nel 1995 ho debuttato alla Società dei Concerti. Mario Seno, allora direttore, mi aveva ascoltato in casa di amici in Florida, dove studiavo, e mi ha portato a Milano. Per me un riconoscimento immenso, aveva fatto conoscere al pubblico italiano grandi musicisti sovietici come Berman o Davidovich".

Quando ha scoperto il pianoforte? "In casa ce n’era uno verticale, lo studiava mio fratello. In Unione Sovietica era normale far provare a una bimba di tre anni arti e sport; ho iniziato danza classica, pattinaggio artistico, nuoto. Ero goffa e mediocre in tutto ma ho trovato subito facile il pianoforte".

Ha mai immaginato di diventare una delle maggiori pianiste al mondo? "No, quando gli studenti partecipano a competizioni musicali, ottengono medaglie sono paragonati ai bambini che praticano sport agonistici. Nell’arte non è così: è complesso "competere", suscitare l’attenzione e l’apprezzamento del pubblico e rimanere fedeli a se stessi. Per un giovane musicista successo, riconoscimento sono secondari mai l’obiettivo finale".

Ha frequentato la famosa scuola Lysenko per bambini prodigio a Kiev. "Per un bambino piccolo non è facile essere sopraffatto da un’istruzione di così alto livello e qualità. La scuola di Kiev, una delle poche esistenti, combinava un rigoroso curriculum scolastico regolare (lettere, algebra, chimica, biologia e altro) con studi musicali universitari. Non so come ho fatto a sopravvivere. Eppure mi è sembrata un’infanzia normale, felice, i miei non mi hanno tolto nulla e ho giocato tanto con gli amici".

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