Patrimonio Unesco, 40 anni dal primo sito

L’assessore Galli: 5 percorsi e biglietto col Cenacolo

Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane a Capo di Ponte

Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane a Capo di Ponte

Milano, 6 ottobre 2019 - È la regione che vanta il maggior numero di siti Unesco, ben dodici di cui uno immateriale sui 55 riconosciuti a livello nazionale, e quest’anno festeggia l’iscrizione del primo luogo italiano nella lista dei patrimoni dell’Umanità, avvenuta 40 anni fa. Eppure quanti conoscono il sito di Capo di Ponte denominato “Arte rupestre della Valle Camonica” le cui incisioni sono note in tutto il mondo? «Non si riesce ad andare oltre il medaglione stradale, non si è mai riuscito a utilizzare questi siti Unesco come leva per lo sviluppo territoriale, anzitutto dal punto di vista culturale ma anche economico», dice Stefano Bruno Galli, assessore all’Autonomia e Cultura della Regione Lombardia.

Perché? Eppure il Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane vinse in una competizione difficile con il Cenacolo e i Fori Imperiali... «Già, fu una vittoria a sorpresa e molto importante che però negli anni non è stata valorizzata. Non che sia facile gestire siti che hanno strutture amministrative differenti e che in taluni casi gravano sulle spalle dei comuni che non hanno grandi risorse da impegnare. In altri interessano realtà regionali diverse perché ad esempio il riconoscimento di un sito come i Longobardi in Italia è seriale, parte da Benevento e arriva in Lombardia; il Sacro Monte di Varese interessa anche un versante piemontese».

Quindi cosa propone? «Premesso che servirebbe una certa omogeneità amministrativa e da questo punto di vista la Regione potrebbe fare assolutamente meglio se ne avesse le competenze, se potesse intervenire direttamente, presenteremo insieme al Polo regionale museale (dottoressa Emanuela Daffra) un accordo di valorizzazione pilota per la Valle dei Segni, in occasione dei 40 anni del riconoscimento dell’Unesco. Renderemo attivi tutti i cinque percorsi delle incisioni rupestri, compreso quello che consente l’accesso alla rosa camuna, simbolo della Regione Lombardia. Oggi ne sono aperti solo due. L’idea è poi di organizzare un bookshop e una caffetteria, risaldare i rapporti con il Centro camuno di studi preistorici. Stiamo pensando a un biglietto unico per favorire la visita dei diversi ‘giacimenti’ di incisioni rupestri in Valle Camonica e a mettere in relazione il Cenacolo di Leonardo, altro sito Unesco riconosciuto l’anno dopo, nel 1980, con le incisioni. Se l’accordo funziona, lo estenderemo agli altri siti Unesco».

Servono fondi... «Abbiamo stanziato un milione e mezzo di euro per il bando riservato ai siti Unesco. E per l’anno prossimo stiamo pensando anche un breve docufilm. Un condensato di bellezza. Sin dai primi giorni del mio mandato, ho imposto un lavoro sistematico alla struttura dell’assessorato per la valorizzazione di questo immenso patrimonio culturale, strumento di privilegiato di conoscenza interiore, di contemplazione del bello e di scoperta dei nostri territori e delle loro ricchezze».

Un appello al neoministro Franceschini? «Più autonomia sulla valorizzazione dei Beni culturali. È corretto che la tutela sia in capo allo Stato per assicurare regole uguali per tutti, da Palermo a Bolzano. Ma la valorizzazione va regionalizzata. Le regioni come la Lombardia si sono rivelate di gran lunga più virtuose dello Stato centrale».

Quali siti Unesco boccia e quali promuove allo stato attuale? «Ci sono problemi diversi, li abbiamo affrontati in un convegno a Mantova pochi giorni fa. Monte San Giorgio rappresenta uno dei più importanti e ricchi giacimenti fossiliferi al mondo del Triassico medio, un tesoro condiviso con il versante svizzero. Ma lì hanno realizzato un museo firmato da Mario Botta. Il castrum di Castelseprio è uno dei più importanti siti longobardi, gestito dalla Soprintendenza di Varese. Né il Comune, né la Regione hanno la possibilità di intervenire in modo incisivo. E non brilla certo per buona organizzazione, c’è trascuratezza e poi scarso personale. In ogni caso, all’interno dei vari siti Unesco bisognerebbe imporre al visitatore di usare il cellulare solo in modalità aereo e avere più cura per un patrimonio che racconta la nostra storia».  

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