Il riscatto della fantasia femminile. Alla Triennale le signore del Design

Milano, al via oggi la XXI edizione con decine di esposizioni di GIAN MARCO WALCH

La Triennale di Milano

La Triennale di Milano

Milano, 1 aprile 2016 - Sterminata. E rosa. Simbolicamente. Ma non femminista, ormai sarebbe banale: femminile. «Le storie del design fin qui raccontate ruotano quasi tutte attorno a un grande buco nero: la rimozione del femminile – spiega Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum –. L’occultamento della presenza e del contributo delle donne. Come se le donne non ci fossero state. Come se fossero rimaste a casa. Ottant’anni per dimostrare che il lettino “Daybed”, un’icona, non fu tanto opera del grande Mies van der Rohe quanto della sua compagna Lilly Reich».

Così Annicchiarico ha dedicato alle signore del design la mostra principe della XXI Triennale, l’attesissima kermesse che si aprirà oggi pomeriggio: taglio del nastro alle 18, presenti il ministro Franceschini, il governatore Maroni, il sindaco Pisapia, il presidente De Albertis. “W. Women in Italian Design” il titolo dell’esposizione, una delle undici ospitate nel classicissimo palazzo di Muzio – ma molte altre sono diffuse in città –. Che si spalanca nel segno, squisitamente femminile, dell’“intreccio”: narra una leggenda che il primo merletto fu regalato a un pescatore veneziano da una sirena, che l’aveva tessuto con schiuma di mare. Ed ecco, allora, ricami con cervi del 1920, lavoro di Emilia Zampetti Nava, accanto agli “Imparaticci” trapunti nella ceramica da Rosanna Bianchi Piccoli. Ma anche i capelli si possono intrecciare, come fa Geny Iorio. Mentre un reggiseno apre un problema di “gender”: è solo una frivola applicazione di un ingegneristico ponte sospeso?

Centinaia, si scopre in Triennale, le donne designer. Quasi benedetti dalle tante sante rivisitate su vetrate, sfilano i lavori delle artiste contemporanee allineati accanto, per esempio, alla poltrona “Tripé” di Lina Bo Bardi (1948), per non parlare delle opere ormai storiche di Carla Accardi, insieme con Carla Lonzi, lei sì agguerrita teorica femminista. Per dissipare ogni dubbio, la maxi-mostra si chiude in una saletta dal taglio scientifico: diagrammi sulle “differenze di genere”, altro che due, o quattro, almeno cinquanta, o sulle alterità percettive.

Un labirinto luminoso, “W. Women in I. D.”. Immersa invece in una dolce quasi-tenebra l’ancor più labirintica “Neo Preistoria”, ovvero “100 verbi”. Andrea Branzi e Kenya Hara hanno individuato i cento vocaboli della nostra vita e a ognuno hanno attribuito un oggetto simbolico: dal silicio del Neolitico al silicio dei microprocessori passando dai libri del Palladio (costruire) alla catastrofica Little Boy di Hiroshima (disperarsi), da una ruota di treno a vapore (accelerare) a una Vespa dotata di bazooka (armarsi) a un walkman (omologarsi).

Ancora. Sempre negli spazi della Triennale lo stesso Branzi firma “La Metropoli Multietnica”, mappe di popoli che lottano per la sopravvivenza. Alba Cappellieri con “Brilliant!” riporta in viale Alemagna “i futuri del gioiello italiano”, assenti dal 1957. E Beppe Finessi anticipa di poco il Salone del Mobile con “Stanze. Altre filosofie dell’abitare”, antologia dei più talentuosi architetti d’interni, da De Giorgi a Mendini a Novembre.

Una boccata d’aria? Nei Giardini della Triennale, progetto di Assolombarda Milano Monza e Brianza curato da Domus, “Arch and Art”, trasversalità fra arte e architettura, discipline sorelle, cugine?, conflittuali. A confronto cinque coppie di big, a partire da David Chipperfield e Michelangelo Pistoletto. Pronti per rientrare a esplorare le infinite meraviglie del design? Milano, Triennale, viale Alemagna 6. Da oggi al 12 settembre. Cataloghi Triennale. Info: www.triennale.org e 02.724341.

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