Il tenore, addio alla Scala: "La mia vita da corista per 32 anni"

Giuseppe Veneziano saluta il Piermarini dopo 32 anni di carriera

Il tenore Giuseppe Veneziano insieme al sovrintendente della Scala Dominique Meyer

Il tenore Giuseppe Veneziano insieme al sovrintendente della Scala Dominique Meyer

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Già oggi partirà con la moglie per l’amata Sicilia. Si dividerà tra Ribera, la sua città natale, "per stare finalmente accanto a mia madre di 96 anni, la più intonata della famiglia", Modica e Sciacca. Un cambiamento repentino quanto consapevole per il tenore scaligero Giuseppe Veneziano, Pippo per gli amici, che nei giorni scorsi ha salutato il Piermarini per l’ultima volta. Sessant’anni, di cui trentadue trascorsi nel Coro più apprezzato al mondo, ha deciso di anticipare la pensione per "dedicarmi un po’ a me stesso e alla salute: ci sta, è la cosa più importante", dice con il solito pragmatismo da sindacalista. Sì, perché Veneziano è stato a lungo delegato Uilcom, sindacato che ieri l’ha ringraziato per "la passione e la dedizione" che ne hanno caratterizzato l’attività parallela di rappresentante dei lavoratori. 

Veneziano con Riccardo Muti
Veneziano con Riccardo Muti

Mai sopra le righe, l’artista ha attraversato diverse stagioni del tempio della lirica, una marea di trattative e snodi decisivi della storia recente di via Filodrammatici. Due anni fa, prima della trentesima Prima in carriera, ci aveva raccontato il suo approdo alla Scala: "Venni a Milano per studiare Medicina alla Statale, ma dopo due anni superai l’audizione al Conservatorio Verdi. Per un po’ cercai di fare tutto, tanto che arrivai all’esame di Patologia generale al quarto anno, ma poi il canto ebbe la meglio". Il 23 novembre, giorno dell’ultima recita nell’Elisir d’amore, Vittorio Grigolo "mi ha trascinato con la forza" sul proscenio per far sì che il pubblico del Piermarini gli tributasse il giusto applauso per più di tre decenni di arte e dedizione: "Per me essere qui è sempre stato un grandissimo orgoglio, ho vissuto il mio lavoro come un servizio agli altri". E l’altro

Giuseppe Veneziano
Giuseppe Veneziano
giorno pure il sovrintendente Dominique Meyer, che ha imparato a conoscerlo ai tavoli sindacali, ha partecipato al brindisi di saluto (in tono giocoforza minore causa restrizioni Covid): "Ho anche cantato, ma per farlo – precisa Veneziano – abbiamo aperto le finestre della sala del Coro". Già, il finale di Pippo è coinciso con il periodo più complicato dal Dopoguerra in avanti: "Il momento più difficile è stato nell’autunno del 2020, quando tanti colleghi si sono ammalati anche in maniera grave: alcuni di noi sono finiti in ospedale, è stata durissima". Quella "rabbia" si è pero trasformata "in qualcosa di positivo per il nostro teatro: come sempre abbiamo dato tutto".

E il Piermarini? Meglio o peggio del 1989? "Diverso". Sente di lasciarlo in buone mani? "Sì, Meyer è un manager competente e preparato, che si è circondato di assistenti altrettanto validi". È un addio? "No, un arrivederci. E comunque sono già stato invitato a inaugurare il Teatro di Racalmuto". Il Macbeth del 7? "Lo guarderò con un amico, che quel giorno festeggerà l’anniversario di matrimonio". A presto, Pippo: "Una furtiva lagrima mi è scappata, lo ammetto".

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