Nel futuro del Teatro alla Scala: "Il mio orizzonte è la bellezza"

Il progetto dell’architetto Mario Botta per ampliare l’edificio

Il designer Mario Botta

Il designer Mario Botta

Milano, 29 dicembre 2017 - «Posso confermare che il progetto per un ampliamento del Teatro alla Scala, che completerà quello del 2004, è già definito in ogni dettaglio. Nel giro di 3-4 anni avremo una nuova struttura a disposizione dell’Opera più famosa del mondo». Mario Botta, archistar svizzera (è nato a Mendrisio 74 anni fa), autore di opere prestigiose, come il Museo d’arte moderna di San Francisco e il Museo dell’ “Arca di Noè” a Gerusalemme, conferma la decisione, ratificata dal sindaco Giuseppe Sala, di dar vita a una nuova costruzione attigua alla Scala ed entra per la prima volta nel dettaglio. «Verrà sostituita la palazzina in Via Verdi con spazi di servizio adibiti a sale prova per l’orchestra, per il balletto e per uffici oggi sparsi in città».

Come saranno le nuove strutture? Anch’esse con un disegn dalle geometrie avveniristiche, ma dall’impatto limitato?

«Abbiamo pensato a un edificio funzionale e non invasivo, quasi una torre, ma non così ingombrante. E all’interno tutto molto pratico e fatto con materiali ecologici. Con me collaborano ingegneri milanesi, che hanno grande rispetto per la città e la sua storia»

La prima struttura scaligera, ultimata nel 2004, per qualcuno un pugno in un occhio rispetto all’edificio del Piermarini, si è rivelata una scommessa vinta.

«È così. Le perplessità iniziali si sono via via ridimensionate, legittimando la presenza contemporanea all’interno della città storica. L’intervento architettonico sulla torre scenica e il volume ellittico sopra i tetti esprimono un comune linguaggio contemporaneo. Per rispettare l’antico bisogna evitare i falsi storici che, essi sì, hanno ferito molti monumenti. E anche il nuovo edificio sarà così».

Rispettare il valore storico dei centri cittadini, ma anche non offendere ambiente e natura. Le sue opere sono sempre ecorispettose. Ad iniziare dal Fiore di pietra, centro congressi e ristorante a ridosso della vetta del Monte Generoso, una sommità a metà tra Canton Ticino e Lombardia (Val d’Intelvi).

«L’edificio ha in primo luogo una funzione pratica: il ristorante e il self service con terrazza in vetta danno continuità turistica alla ferrovia a cremagliera. Ma l’aspetto paesaggistico ha costituito la priorità e lo sarà anche nella realizzazione di altre eventuali strutture d’appoggio, che potrebbero sorgere sul versante lombardo. Si è cercato e si cercherà di stabilire uno strettissimo rapporto con la particolarità del sito. Il nuovo manufatto (rigorosamente geometrico, come anche molte abitazioni civili, che ho realizzato e sto realizzando, ad esempio, in Brianza) confronta la razionalità dell’uomo con l’andamento organico della natura».

Quali sono le frontiere dell’architettura, a cui lei si atterrà anche nella costruzione della nuova parte della Scala?

«L’architettura organizza lo spazio di vita dell’uomo e la frontiera resta quella di una possibile bellezza. Ma è impossibile separare la bellezza da un’imprescindibile funzione di servizio».

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