Pelliccia e oro, Sfera Ebbasta in concerto al Fabrique di Milano

L’idolo dei ragazzi arriva per tre live e fa sold out

Sfera Ebbasta

Sfera Ebbasta

Milano, 24 aprile 2018 - Una bestemmia. Sentire in rete un tizio che si fa chiamare Gab Loter cantare (alla perfezione) Sfera Ebbasta con la voce di Fabrizio De André assomglia da vicino al dopocena di una serata a base di funghi allucinogeni. Ma è un segno dei tempi. E della popolarità raggiunta da Sfera, idolo supremo dei tredicenni “imballati” di Topexan e di patatine al ketchup pronti a marciare come una falange armata da venerdì a domenica sul Fabrique, dove l’eroe di “Rockstar” è in scena per tre show esauriti ormai da mesi nell’attesa di tornare in regione il 2 giugno al “Nameless” di Barzio in Valsassina (Lecco) e il 5 luglio al “Rugbysound” di Legnano.

Il tempo dirà se è vera gloria, ma intanto è lui a dare le carte. Sfera, il nome scelto da ragazzino per marcare il territorio armato di bomboletta spray, viene da “Ciny”, Cinisello Balsamo, e nelle vite precedenti è stato commesso, elettricista, “porta-pizza”. Poi ha incontrato il produttore Charlie Charles - per i non iniziati Paolo Monachetti - e la sua vita è cambiata; oggi posseggono l’etichetta discografica BillionHeadz Music Group, con quotazioni alle stelle perché in men che non si dica è divenuta un riferimento obbligato della “trap”. A quelli che non fanno parte delle schiere di millenial ammassate sotto al palco di Sfera o di Ghali (altro eroe moderno passato dalle parti di Paolo-Charlie), va spiegato che il termine “trap” è nato ad Atlanta per rimandare a quegli ambienti in cui avviene lo spaccio di droga (le cosiddette “trap house”) divenuto, però, col tempo il marchio del rap fatto su basi elettroniche da 140 bpm, con un surplus di bassi e di autotune.

«Le opportunità devi sapertele creare, ma i valori te li dà la strada, quella almeno è la mia esperienza», giura il “trap king”, anzi lo squalo del rap (te la raccomando quella bocca ripiena di grillz, i gioielli incastonati nei denti), che all’anagrafe continua a chiamarsi Gionata Boschetti e, per esorcizzare un’infanzia difficile, porta un fondoschiena di ragazza, anzi di “tipa” per usare il suo slang, tatuato sotto l’orecchio destro e un AK47 sulla tempia sinistro. Perché le parole sono le sue pallottole e, in una visione tanto ingenua quanto provocatoria, le canzoni il suo mitra. «Da quando ce l’abbiamo fatta, siamo io e Charlie a dare la linea: se facciamo una cosa, quella diventerà di moda.Difficile confutare queste ambizioni di trend setter davanti ai riscontri avuti dall’ultimo album “Rockstar”, che ha fatto di Sfera Ebbasta il primo artista italiano a finire nella global chart dei cento più ascoltati di Spotify al mondo, a colpi di 8 milioni di streaming al giorno (la Pausini, tanto per fare un esempio, s’è fermata ad uno). Nella settimana d’uscita, gli undici pezzi di “Rockstar” sono finiti nei primi dodici posti della chart “top singoli”, lasciando solo la quarta posizione a “Perfect” di Ed Sheeran. «E questo perché? Perché i rapper sono le nuove rockstar». Convinto lui.

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