Samuel Heron, il mio rap anti-sistema

L’artista tra i fan. "Nei social ognuno si impone senza confrontarsi"

Samuel Heron

Samuel Heron

Milano, 18 maggio 2019 - Meglio diffidare della foto da black bloc armato di tromba messa sulla copertina di “Triste”, l’album con cui Samuel Heron prova a smascherare l’inganno di una società “che ci impone di essere sempre felici e al top”. Lui, al secolo Samuel Costa, classe 1991, giura di non essere un’anima malinconica e che la tromba-molotov è solo un modo per vestire i panni di “guerriero della musica” con un rap anti-sistema che racconta nell’instore tour al via domani con un doppio appuntamento, a Varese (ore 14) presso Varese Dischi e a Milano (ore 17) al Mondadori Megastore di Via Marghera. «Fin dal primo brano nell’album gioco con irriverenza e leggerezza sul contrasto fra cose molto futili, come il fatto che s’è rotto lo schermo o sono finite le paglie, e pensieri un po’ meno banali come quello che non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che funziona», spiega Costa, affiancato nel disco ospita pure Lodo de Lo Stato Sociale (“Londra”) e Tony Effe della Dark Polo Gang (“Papi Chulo”).

«Penso che se davanti ai pezzi di “Triste” non ci si limita ad un ascolto di superficie ma ci si focalizza un po’ di più sulla canzone, si possono fare belle scoperte. Pezzi come “FB” mettono in campo contenuti più significativi». Samuel il cognome d’arte l’ha ripreso dal poeta americano Gil Scott-Heron, che in un suo componimento spronava il mondo del rap ad avere un ruolo sociale profondo. Di Gil Scott-Heron si ricordano anche gli attacchi alla politica reaganiana. «Penso che per affrontare temi sensibili a microfono acceso occorra essere informati», ammette l’“altro” Heron. «E al momento non mi sento così preparato da mettermi in gioco in quel senso. Trovo che un’urgenza di questi tempi sia, ad esempio, la perdita di un valore importante come il rispetto del prossimo. Forzando il mio pensiero dico che la rete sta portando alla dittatura del singolo, perché nei social ognuno impone la propria visione senza confronto. O nel caso di contraddittorio, facendo prevalere lo scontro sul ragionamento. E questa è una pratica pericolosa».

 

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