Ron nella redazione de Il Giorno: "Il Dal Verme, la mia Piazza Grande" / VIDEO

Ron fra vita, ricordi e lo spettacolo-tributo a Lucio Dalla

Ron ospite de Il Giorno (Newpress)

Ron ospite de Il Giorno (Newpress)

Milano, 6 maggio 2018 - «Io credo che l’amore, è l’amore che ci salverà». Potendo rubare dei versi a Lucio Dalla, Ron sceglierebbe quelli di “Henna”, che stasera canta al Dal Verme nella prima dello spettacolo-tributo dedicato all’omino piccolo così, come l’album “Lucio!” dato alle stampe subito dopo il quarto posto a Sanremo di “Almeno pensami”. «L’altra sera, alla data zero di Cagli ero un po’ titubante, poi mi sono reso conto che in sala c’erano tutti amici di Dalla», ha spiegato ieri Ron nella redazione de “Il Giorno” in diretta Facebook, precisando come e perché per una volta abbia deciso di rinunciare ai suoi classici per focalizzare l’intero show sull’amico e la sua (loro) musica. «Ho pensato ad un racconto attraverso la vita di Lucio. Mettendo mano ad un repertorio strepitoso, da cui viene fuori la sua grande ironia, la sua voglia di giocare anche parlando di argomenti serissimi. Le canzoni sono arricchite da contributi video con filmati e foto esclusive provenienti dall’archivio di Michele Mondella, suo amico e storico ufficio stampa. Partiamo da Milano, poi saremo a Roma, ma il progetto è quello di proseguire il cammino in autunno nei teatri, che sono una dimensione meravigliosa per raccontare. Da parte, comunque, ho già una quindicina di canzoni mie su cui vorrei cominciare a lavorare, perché sono un grande pigro e non vorrei arrivare all’appuntamento col nuovo disco, come al solito, all’ultimo momento».

Lei ha conosciuto Dalla all’età di 16 anni.

«Facevo ancora i concorsi per voci nuove quando i talent scout della Rca mi chiamarono a Roma dicendo che poteva esserci nell’aria pure Sanremo. Io e mio padre partimmo per Roma e aspettammo in anticamera l’arrivo di questo benedetto cantautore che doveva farmi sentire questo suo pezzo da portare al Festival abbinato a Sandie Shaw, la cantante scalza. Lucio arrivò in ritardissimo e mezzo ingessato, perché aveva avuto un incidente sul Raccordo Anulare. Il pezzo era “Occhi di ragazza”, feci il provino e lo mandammo a Sanremo, ma non passò la selezione. Poi la prese Gianni Morandi e tutti sanno com’è andata a finire».

Mentre aspettava Dalla incontrò pure Renato Zero.

«Uscì da un ufficio vestito da leopardo; si avvicinò con baffi lunghi e naso nero dicendo “ciao nì”. La prima reazione di mio padre fu: andiamo via. Riuscii a fermarlo. Penso che non si sia mai ripreso da quell’incontro; tant’è che, successivamente, ha ritirato fuori spesso la storia del signore incrociato vestito da felino nei corridoi della Rca. È stato forse il primo dei tanti momenti importanti e divertenti che m’ha regalato questo mestiere».

Molti dei quali vissuti con Lucio...

«Con lui era una risata continua. Mi obbligava, ad esempio, a dire parolacce. Io non ne volevo sapere, perché venivo da una famiglia molto educata, ma lui insisteva; “dì str…, dì str…!”. Io tergiversavo, ma lui non di dava per vinto finché cedevo. Dietro l’iniziazione alla mala parola c’era quella ad un mondo duro, che non va per il sottile».

Qual è la canzone di Dalla che porta nel cuore?

«Fino ad un po’ di anni fa era “4 marzo 1943”, mentre ora probabilmente è “Le rondini”, un pezzo capace di sconvolgermi ogni volta che lo canto».

Al Festival “Almeno pensami” è arrivata a tutti.

«L’ho avvertito anch’io, mentre la cantavo sul palco. Sentivo che stava succedendo qualcosa di meraviglioso. Mi sentivo molto responsabilizzato da fatto di interpretare un inedito di Lucio; per fortuna lui era lì, in sala, tra noi».

Il 2 giugno sarà protagonista a Verona di una serata dedicata a Dalla. Con che animo si cala in un evento del genere?

«L’idea è quello di riunire tanti “figli” di Lucio, a cominciare da me e da Gaetano Curreri, ma anche amici di vecchia data come Ornella Vanoni. Limitando, però, il numero dei partecipanti perché non avrebbe senso rifare il Festival di Sanremo».

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