Romina Mondello: "Impariamo a riconoscere quello che ci serve"

L'attrice nei panni di Jackie Kennedy al Teatro Menotti: "Una donna divisa fra potere e piacere"

Romina Mondello

Romina Mondello

Milano - Jackie: con quei suoi cappottini pazzeschi. Tutta stile e sorrisi. Paparazzata ovunque, perfino in mezzo al Mediterraneo. Indelebile sulla limousine a Dallas. Ma quante vite ha vissuto Jacqueline Kennedy Onassis? Qualche tempo fa il Premio Nobel Elfriede Jelinek se ne è lasciata ispirare. Lei, così feroce con il mondo, ha voluto raccontare di questa principessa triste, da rotocalchi. Portata ora in scena da Romina Mondello in "Jackie", da stasera al 17 ottobre al Teatro Menotti per la regia di Emilio Russo.

Romina, come mai la Jelinek? "Ho letto il testo e l’ho subito sentito vicino. C’era qualcosa che mi assomigliava. Indaga i lati nascosti del personaggio, quelli meno esposti. E ti ritrovi così nel privato di una donna che abbiamo sempre creduto totalmente pubblica". Com’è dunque Jackie? "Noi la trasferiamo in un altrove, sul limitare della vita. Un tempo di bilanci e di strenuo attaccamento all’esistenza. Che si trasforma in un flusso di coscienza, dove si entra e si esce dalle esperienze vissute e da quelle desiderate. È qui che emergono le sue ossessioni: Kennedy, Marilyn, i figli morti, il punto vita, la madre che l’ha spinta a sposarsi, a non sprecare la sua bellezza. Ma anche le droghe, a cui si aggrappava per mantenere il ritmo, uno stile". In che modo ha affrontato il personaggio? "Ho evitato qualsiasi giudizio, sarebbe stato fuorviante. Mi sono avvicinata ai suoi dolori, al lato più fragile, cercando di comprenderne le scelte. Alla fine è stata una grande burattinaia della propria vita, solo che spesso ha tirato i fili sbagliati. Un’idea che riprendiamo in scena attraverso dei manichini di stoffa, per altro un’altra delle sue ossessioni, sempre legata all’apparire". Ma almeno si concede quale abitino extralusso? "Niente! La mia Jackie è spogliata di tutti gli orpelli. Lei stessa afferma "Bisogna iniziare a risparmiare sé stessi", togliersi dalla sovraesposizione, arrivare all’essenziale. Nulla è più vulnerabile della luce". La luce del teatro invece quanto le è mancata? "Tantissimo. Da anni è la mia casa. Mi mancava l’abbraccio con il pubblico. Ora sto valutando un possibile ritorno in tv ma non ho quella smania del rincorrere qualcosa ogni momento". Forse ne ha avuto abbastanza? "Sì, con il successo fin da piccola. Ma credo sia più che altro consapevolezza, saper riconoscere di cosa abbiamo bisogno. Jackie si domanda: "Perché manchiamo così spesso la vita?". Ecco, forse dovremmo darci l’opportunità di capire come vogliamo vivere e poi farlo, ogni giorno. Senza troppa paura".  

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