Raf collabora con Danti: "Nel suo pezzo mi sono ritrovato in pieno"

Nel singolo “Liberi" è presente anche Fabio Rovazzi

Da sinistra Raf, Danti e Fabio Rovazzi

Da sinistra Raf, Danti e Fabio Rovazzi

Milano, 28 giugno 2020 -  Un altro mare , è un’altra estate, è un altro viaggio, un altro volo. Quando rappava "fosse per me i pezzi li scriverei con Raf" Danti era un venticinquenne di belle speranze che non faceva mistero di sentirsi un "prodotto" creato dalla casa discografica "per aumentare l’indotto", ma ora che è un autore-produttore di successo l’impresa di un tête a tête con l’uomo del battito animale vagheggiata tredici anni fa gli riesce per davvero. E da ala abituata agli assist per il bomber di turno - dopo essere andato a rete prima con J-Ax e la Zilli in “Tu e D’Io” (la scintilla con Nina è scoccata lì) e poi con Luca Carboni e Shade in “Canzone sbagliata” - il musicista milanese s’inventa un nuovo “tridente” assieme a Raf e Rovazzi. Lo fa con quella “Liberi”, in radio da venerdì scorso, che l’autore di “Infinito” definisce il coronamento di una lunga storia d’amore. "Da tempo parlavamo della possibilità di trovarci", spiega Raf, 60 anni. "Poi negli ultimi anni abbiamo iniziato a sentirci e a mettere assieme idee".

Danti ha scritto questo pezzo per lei senza dirglielo? "Sì. E il bello è che quando me l’ha fatto ascoltare mi ci sono ritrovato in pieno. Spesso quando la persona per cui hai scritto una canzone prova a metterci la voce il risultato non è quello che ti aspetti. Può anche accadere che non ci si ritrovi. Un po’ come quando vedi un tuo sosia e, come il Johnny Stecchino di Benigni, pensi: non mi somiglia per niente".

E invece stavolta… "Mi sono detto, un pezzo così avrei potuto scriverlo io".

Danti e Rovazzi avevano già scritto tante cose assieme. Avrebbe mai immaginato di collaborare con l’interprete di “Andiamo a comandare”? "No. Prima Rovazzi neppure lo conoscevo bene, solo qualche saluto frettoloso nel retropalco di qualche show tv. Penso che Fabio voglia allargare ulteriormente il suo pubblico, composto in prevalenza da giovani e giovanissimi. E poi, anche se il pezzo è stato scritto prima del lockdown, ci ha detto che voleva mettere l’accento su quelli che sono i passaggi del testo in qualche modo legabili a quanto abbiamo vissuto".

È convinto pure lei che il virus possa rappresentare un messaggio della natura all’umanità affinché fermi la sua opera distruttiva prima di passare il punto di non ritorno? "Non so quanta relazione ci possa essere tra il degrado ambientale e la comparsa del Covid-19. I segnali della natura sotto gli occhi di tutti, sono quelli dei disastri derivanti dai cambiamenti climatici".

Ma oggi nelle persone non c’è un po’ più coscienza? "Se solo a dicembre ci avessero prospettato il lockdown avremmo pensato di essere finiti in un romanzo di Clive Cussler. Nella settimana più critica dell’epidemia, quando la gente ha avuto davvero paura, tutti hanno abbassato i toni e questo ha lasciato sperare molti che ci fosse una nuova coscienza. Ma purtroppo s’è trattato solo di un’impressione".

“Numeri”, il suo ultimo album, è di nove anni fa. "Trovandomi nella mia casa di Miami durante il lockdown, dopo un primo momento di smarrimento ho ripreso a lavorare sul successore con l’intenzione di farlo uscire il prossimo anno".

Pure il suo contributo al brano solidale de “Il cielo è sempre più blu” l’ha realizzato lì. "Sì. Il video l’ho girato nella terrazza di casa ripreso da mia figlia Bianca, che nel 2015 aveva già fatto la regia della clip di ‘Arcobaleni’ e ha realizzato pure le immagini di ‘Liberi’ seguendo le indicazioni del regista che le arrivavano da Milano".

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