Milano, Prima della Scala il 7 dicembre con Macbeth: "Il pubblico in sala ci darà energia"

Il maestro Chailly sottolinea il "momento di incertezza in cui viviamo" e fa i complimenti a coro, orchestra e protagonisti ("poker d'assi"). Il regista: "In scena una realtà distopica"

 Ildar Abdrazakov, Luca Salsi, Anna Netrebko e Davide Livermore

Ildar Abdrazakov, Luca Salsi, Anna Netrebko e Davide Livermore

Milano - "Il pubblico è importantissimo. E' uno dei personaggi principali per noi perché senza manca qualcosa, manca l'energia che deve tornare a noi per dare ancora di più". A dirlo è il baritono Luca Salsi in occasione della conferenza stampa di presentazione della Prima della Scala, per la quale sarà il verdiano "Macbeth" con gli spettatori in sala, dopo lo stop dell'anno scorso.  Anche la soprano Anna Netrebko che interpreterà Lady Macbeth condivide le emozioni di Salsi: "Capisco perfettamente cosa significhi il 7 dicembre per l'Italia intera, non solo per questo meraviglioso teatro. So quanto le persone qui siano sensibili e appassionate nel far sì che tutto sia fatto nel migliore dei modi. Io sono con loro con tutto il cuore".

Il prossimo sarà il settantesimo 7 dicembre scaligero (nel 1951 Victor de Sabata spostò l'inaugurazione dal 26 dicembre al S. Ambrogio) e assume dunque un particolare rilievo per la città dopo l'edizione senza pubblico imposta dalla pandemia nel 2020. Il maestro Riccardo Chailly ricorda proprio le particolari circostanze con cui è stata preparata l'opera in tempo di Covid. "Voglio esprimere particolare soddisfazione per come l'orchestra e il coro stanno affrontando" questa preparazione con "partecipazione assoluta, disciplina e voglia di esserci in questo progetto". "Un lavoro importante e complesso", dice ricordando ad esempio le prove con la mascherina fatte dal coro. Quanto ai solisti "abbiamo un pocker d'assi". Oltre a Salsi e Netrebko, nei ruoli principali anche Ildar Abdrazakov (Banco) e Francesco Meli (Macduff).

E' la quarta volta che Macbeth inaugura la stagione del Piermarini "ogni 20-25 anni circa", rileva Chailly per il quale il titolo "arriva a conclusione del trittico del giovane Verdi, una trilogia iniziata con 'Giovanna D'Arco' nel 2015 e proseguita con 'Attila' nel 2018. E' un una scelta che sottolinea non solo il valore dell'opera ma la circostanza, questo momento di grandissima difficoltà e incertezza in cui tutti viviamo'.

Il regista Davide Livermore invece sottolinea; "Raramente c'è un opera che parla al presente come Macbeth: abbiamo immaginato di poter scandagliare assieme nelle possibilità umane, ma non facciamo cronaca, facciamo arte". Il contemporaneo in scena, spiega il regista, darà corpo a "un incubo, una sorta di 'Inception', di realtà distopica in cui la contemporaneità si auto genera in modo diverso". Nelle scene di Giò Forma c'è uno skyline che rimnanda a quello delle grandi città. ''Inutile tentare di capire dove siamo - ancora  Livermore - potrebbe essere Singapore, New York, Milano. Abbiamo ricostruito un mondo tramite il nostro solito gioco''.