Phil Collins, il ritorno di un mito: concerto al Forum di Assago

L’ex batterista e voce dei Genesis, leggenda del rock, a Milano il 17 giugno

Phil Collins

Phil Collins

Milano, 8 giugno 2019 - Un Phil di nostalgia. Che fra quelli dei prossimi giorni sia l’Evento con la maiuscola è fuori discussione; ma il ritorno di Phil Collins al Forum, il 17 giugno (accompagnato da una super-band “trascinata” dal basso di Leland Sklar e dalla chitarra di Deryl Stuermer), è anche un celebrazione di ciò che è stato, un’epopea anni Ottanta-Novanta da 150 milioni di album venduti in tutto il mondo e poi una lenta eclissi segnata anche da problemi fisici. Quando attorno al Duemila sviluppò un’improvvisa sordità all’orecchio a causa di un’infezione virale, prese la cosa come un segnale divino.

«Mi sentivo schiavo», dice col pensiero alla sua carriera «ed era come se Dio mi stesse dicendo: amico è ora di smettere». Poi cambiò idea e mise in strada First Final Farewell Tour, primo tour d’addio finale. Questo per il cantante-batterista inglese trapiantato in Svizzera sarebbe, dunque, il secondo, anche se inframezzato nel 2011 dal comunicato ufficiale in cui annunciava il ritiro. Vero che poi ha cambiato idea, ma i prezzi rimangono da commiato, a giudicare dai 325 euro dei primi posti al Forum. Anche se chiamarlo Still Not Dead Yet Tour, «non ancora morto tour», è comunque una gran bella prova di carattere. Sul palco il Mr. Nice Guy dell’hit-parade, sette singoli mandati al numero uno della classifica americana (come solo Michael Jackson al tempo era riuscito a fare) regala una maratona in bilico tra i ricordi virati di passione della sempiterna “Agains all odds (take a look me now)” e il carnevale di luci, ritmi e colori di “Sussudio” in cui trovano posto tributi alla Genesis-era (“Throwing it all away”, “Follow you follow me” e “Invisible touch”) oltre ad altre scorribande baciate in fronte dal dio delle hit-parade come la cover delle Supremes “You can’t hurry love” o il duetto con Philip Bailey di “Easy lover”. Nel 2009 un problema alle vertebre del collo gli ha creato noie alla mano sinistra, ma lui rimane un mito per tanti protagonisti del pop contemporaneo.

Adele lo definisce «un genio», mentre Lorde ha twittato che il suo amore per Phil Collins «è una cosa meravigliosa». «All’inizio ero spaventato di come il pubblico avrebbe potuto reagire vedendomi fermo sul palco, ma cantare da seduto si sta dimostrando un’esperienza positiva; la gente è costretta a concentrarsi sulla musica». Ossessionato dalla storia di Fort Alamo, da un patrimonio di 120 milioni di sterline, e pure da qualche rapporto familiare (negli anni Novanta ha scaricato la seconda moglie con un fax), Collins fa oggi la spola tra Begnins, sul Lago di Ginevra, e Miami.

«Ho speso una vita nella musica, ma quelli che pensano solo a tirare freccette sulla mia foto considerano questa popolarità un male», mastica amaro. «Per fortuna sono sempre di meno. Quando fui introdotto con i Genesis nella Rock’n’Roll Hall of Fame, ad esempio, mi si fece davanti Iggy Pop per stringermi la mano; non riuscivo a crederci che si stesse complimentando proprio con me. Lui, Iggy, il “padrino” del punk! Appena una decina di anni una scena del genere sarebbe stata inverosimile, ma sta forse ad indicare che tanti pregiudizi sono venuti meno. Un buon inizio, anche se non mi faccio illusioni; esisterà sempre gente disposta ad additarmi come l’Anticristo».

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