Nomadi, il ritorno nelle piazze: "Meraviglioso ritrovare il pubblico"

Beppe Carletti e la sua formazione non si sono fatti scoraggiare dal Covid: dieci concerti in agosto

Beppe Carletti, 73 anni, anima e fondatore dei Nomadi

Beppe Carletti, 73 anni, anima e fondatore dei Nomadi

Milano, 23 luglio 2020 - Più forti del Covid. Dopo l’assaggio di qualche giorno fa in provincia di Padova, I Nomadi iniziano domani al Festival dell’Anima di Cervere, nel cuneese, quel cammino che li porta il 22 agosto al Campo Sportivo di Iseo e il 13 novembre al Teatro Galleria di Legnano. Tra cancellazioni, slittamenti, complessità logistiche, le difficoltà non mancano, ma con i suoi 55 anni di storia la formazione di Beppe Carletti non si lascia certo scoraggiare dagli strascichi dalla pandemia sulla voglia d’estate di questo strano 2020.

Carletti, come sta andando? "Siamo partiti l’11 di luglio a Carmignano di Brenta ed era tale la voglia di musica e di normalità del pubblico di Piazza Marconi che abbiamo faticato un filo a rispettare le capienze di legge, mettendone dentro forse qualcuno in più. La gente, prò, ha mostrato un gran senso di responsabilità comportandosi veramente bene. Sono convinto che a Cervere andrà ancora meglio perché abbiamo bisogno di qualche data prendere confidenza con la nuova realtà. È fuori di dubbio, infatti, che il modo di porgerci alla gente è diverso da quello che avevamo fino a l’altro ieri".

Com’è stato tornare sul palco? "Ha sorpreso pure noi che non più tardi di marzo-aprile ben difficilmente ci saremmo aspettati di tornare a suonare per il nostro pubblico. Abbiamo urlato contro tutto e contro tutti, ma alla fine siamo riusciti a ripartire. Solo ad agosto facciamo dieci concerti, arrivando fino in Abruzzo perché è difficile spingerci più a Sud".

Come mai? " Perché al Sud mettere una band come i Nomadi in una piazza o in un campo sportivo con un biglietto a pagamento non funziona. Lì il pubblico è abituato alle feste patronali dove vige la gratuità e pretendere un prezzo è un problema. Così ci manca metà Italia. Ma l’altra metà ce la facciamo tutta”.

Qual è la difficoltà più grossa? "Per un gruppo abituato a vivere in mezzo alla gente come il nostro non poterla abbracciare, né farci le foto assieme prima e dopo il concerto, è una sofferenza. Qualcosa di innaturale".

E la sorpresa più grossa? "L’ennesima riprova di avere un pubblico meraviglioso, che ha capito lo sforzo con cui stavolta gli portiamo la nostra musica e si comporta di conseguenza. Anche per questo non abbiamo lesinato ad investire sul tour, che per 1000 persone utilizza la stessa produzione di quando ce ne sono 10 mila".

Sì, però i conti devono quadrare. "E quadrano. Ovviamente noi guadagniamo meno del solito, ma i nostri tecnici e tutto il personale che ci consente di andare in scena non perde un euro rispetto al compenso abituale. È un sacrificio, ma ci sta. D’altronde siamo sempre i Nomadi… quelli onesti fino in fondo".  

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