Teatro Nuovo, in scena il musical 'Un americano a Parigi'

Tributo a Gershwin con un cast di quindici elementi tra cui Michele Carfora, Arianna Bergamaschi, Danilo Brugia, Barbara Terrinoni, Jean Michel Danquin

INSIEME Il cast del musical  è composto da 15 artisti  fra cui, al centro  in bianco  e sotto,  Arianna Bergamaschi Lo spettacolo partirà  al Nuovo il 9 marzo per durare fino al 19

INSIEME Il cast del musical è composto da 15 artisti fra cui, al centro in bianco e sotto, Arianna Bergamaschi Lo spettacolo partirà al Nuovo il 9 marzo per durare fino al 19

Milano, 7 marzo 2017 - Anche se le danze in riva alla Senna di Gene Kelly e Leslie Caron erano ben altra cosa rispetto a quelle di Ryan Gosling ed Emma Stone in “La La Land”, i sette Oscar (pardon, sei) incassati al Kodak Theater dal film di Damien Chazelle alzano la temperatura attorno all’arrivo al Teatro Nuovo di “Un Americano a Parigi”, in scena dal 9 con la regia di Enzo Sanny. Questo perché il gusto citazionista del kolossal di Chazelle trasforma le coreografie di Gosling e della Stone in un omaggio alle grandi stelle dei musical del passato, srotolando tra Hollywood e la Francia una pellicola che va dai celeberrimi 17 minuti di balletto di Kelly e la Caron ai passi di Debbie Reynolds in “Cantando sotto la pioggia”, ispirato a sua volta ad un film con Montand e la Piaf fino ai languori di Catherine Deneuve in “Les Demoiselles de Rochefort”.

Anche se la forza di “Un americano a Parigi”, presentato al Nuovo da un cast di quindici elementi tra cui Michele Carfora, Arianna Bergamaschi, Danilo Brugia, Barbara Terrinoni, Jean Michel Danquin sono ovviamente le musiche scritte nel ’28 da George Gershwin. “Il titolo completo dello spettacolo è, infatti, ‘Un americano a Parigi. Tributo a Gershwin’ perché ci sono anche altri brani del compositore di Brooklyn” spiega Arianna Beragamaschi, 41 anni, ex ragazza Disney approdata con grande successo nel mondo del teatro, della tv e della musica (è figlia della cantautrice Graziella Caliandro, in arte Caly) dove s’è ricavata uno spazio grazie a due Sanremo - basta pensare che nel repertorio dello spettacolo ci sono pure, ad esempio, The man I love, scritta da Gershwin nel ’24 o ‘Summertime’ tratta da Porgy and Bess”.

Dopo sei mesi di permanenza a Broadway, la produzione americana di “Un americano a Parigi” sbarca il 21 marzo prossimo al Dominion Theatre di Londra.

«Fino ad un paio di anni fa nessuno oltre Oceano aveva trasformato il film in musical perché non si cantava. Eccetto "I got rhythm", tutte le grandi melodie, a cominciare da "Someone to watch over me”, erano solo sottofondo musicale».

Com’è cambiato questo vostro “Un americano a Parigi” rispetto alla versione portata di Christian De Sica del 2001?

«Non essendo attori comici e non potendo quindi permetterci battute alla De Sica, noi ci rifacciamo di più al film. Più che un musical, quello del 2001 era un varietà basato sulle musiche di “Un americano a Parigi”; nella nostra versione, invece, non ci sono mattatori. Anche se pure noi utilizziamo la pellicola di Vincente Minnelli come pretesto per omaggiare il mondo di Gershwin».

Come indicano pure altre produzioni legate a doppio filo col grande schermo quali “The bodyguard” o “Grease”, il pubblico vuole andare sul sicuro e conoscere già la storia.

«Questo però ha allargato le platee. Oggi ci sono molte più compagnie di quando ho iniziato io nel ’98, tempo in cui, a parte i lavori di Garinei e Giovannini, il musical non era certo un fenomeno capace di dare lavoro a centinaia di performer come accade ora».

Cosa colpisce di più di questo spettacolo?

«Probabilmente gli arrangiamenti. E poi l’insieme delle nostre capacità: io sono più cantante, Carfora è più ballerino, Brugia è più attore. Ci completiamo a vicenda».

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