Modena City Ramblers al Live Club di Trezzo: "Ferite e cicatrici ma ci crediamo ancora"

Dopo la fortunata tournée spagnola, venerdì sera il concerto per celebrare gli "Appunti Partigiani" disco d’oro 2005

Trent’anni di carriera (e non sentirli) per i Modena City Ramblers

Trent’anni di carriera (e non sentirli) per i Modena City Ramblers

Trezzo sull'Adda (Milano), 22 novembre 2022 - Alle spalle uno scatenato tour spagnolo, fra Valencia, Bilbao e Le Canarie, ma venerdì l’appuntamento è sul palco del Live Club di Trezzo sull’Adda: arrivano i Modena City Ramblers, nello storico locale trezzese una tappa del tour post trentennale e omaggio a “Appunti Partigiani“, disco d’oro nel 2005. Trent’anni di musica e impegno. Il battesimo con il folk irlandese, i decenni sui palchi in Italia e in Europa, poi lo stop del 2020 e la lunga lontananza, ora finita, dai fan. Tutto pronto per una gran serata (biglietti su Mailticket e Ticketone, info a www.liveclub.it), fra nuovi brani e cavalli di battaglia dei Delinquenti di Modena: "Abbiamo ferite e cicatrici: ma ci crediamo ancora". Ed ecco, per il gruppo, il violinista e polistrumentista Francesco “Fry“ Moneti.

Come sta andando l’«Appunti partigiani» tour?

"Benissimo! E così il tour estivo, abbiamo abbracciato i nostri amici un po’ ovunque".

Barcellona, Valencia, Bilbao, Canarie: quali ricordi del “giro“ sui palchi spagnoli?

"Emozioni forti e soddisfazioni. Avevamo già suonato in Spagna ma a Bilbao e alle Canarie è stata una prima volta. Alla Canarie abbiamo lasciato il cuore. Ti dico solo che che è venuto a vederci il nipote di Germano Nicolini, il comandante Diavolo, che vive a Las Palmas. E si è emozionato tanto quando abbiamo suonato “Al dievel"!“".

Trenta anni di carriera, un Paese molto cambiato: e voi? In cosa uguali, e in cosa diversi?

"Non basterebbero due giorni per rispondere. Il paese è cambiato molto, è vero. Manca molto un’idea di collettività, di comunità, siamo tutti molto impauriti. E noi abbiamo molti anni di più sul groppone: quando ho cominciato a suonare coi Ramblers avevo 26 anni, in febbraio ne compirò 54. Diciamo che abbiamo ferite e cicatrici. Ma crediamo ancora alle cose che scriviamo e cantiamo".

Il vostro rapporto con il pubblico giovane e giovanissimo.

"Rigenerante: ci fa guardare al futuro con ottimismo. I ragazzi ci vogliono bene, cantano i pezzi a squarciagola. Anche se, ormai spesso, siamo più vecchi dei loro genitori".

Cosa vi piace del panorama musicale italiano contemporaneo?

"Ciascuno di noi ha una lista personale. Non ci fanno impazzire, come si può immaginare, il fenomeno trap ed i dischi che sembrano confezionati in pochi minuti. Personalmente citerei i Savana Funk o i Supermarket: non di primissimo pelo neanche loro".

Il vostro legame con i locali live.

"Fortissimo! Alcuni club, e il Live fra questi, sono per noi “casa“. Ci hanno dato fiducia agli esordi e ci torniamo con piacere. Dopo i due anni terribili del covid, poi è un vero miracolo che vi sia ancora chi promuove cultura. E non si arrende".

I brani che il vostro pubblico non smette di chiedervi.

"Ah, tantissimi! Ovviamente “Ebano“, “In un giorno di pioggia“, “Mia dolce rivoluzionaria“. Ma capita anche che ci chiedano pezzi vecchissimi, che abbiamo persino dimenticato di avere inciso! Per esempio “Il tempi di Theleme“, inedito del lontano 1997".

 

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