Mike Rosenberg, dai marciapidedi all’Alcatraz: "Resto sempre lo stesso"

Fino a qualche anno fa, suonavo sui marciapiedi davanti a 50 persone con i cd da vendere nella custodia della chitarra. Ora suono anche davanti a 3mila persone

Mike Rosenberg

Mike Rosenberg

Milano, 16 settembre 2018 - «Ho avuto una sola hit, «Let her go». No, non «Let it go», il tema di «Frozen». Anche perché Elsa è una principessa della Disney, mentre io sono un inglese con la barba». Autoironico, onesto, alla mano, Mike Rosenberg è un trentaquattrenne tranquillo che la sera ricorre al nome d’arte Passenger per imbracciare la chitarra e darsi in pasto a platee come quella dell’Alcatraz, che l’accoglie martedì prossimo. E sarà anche vero che ‘Let her go’ rimane il suo unico successo, ma Rosenberg di buona musica continua a produrne parecchia, come conferma il nuovo album «Runaway», uscito a fine agosto. Un disco solido, magari senza hit capaci di arrivare al primo posto in 19 paesi, raccogliere oltre due miliardi di visualizzazioni su YouTube, e aggiudicarsi l’Ivor Novello Award come quel fortunatissimo exploit di cinque anni fa, ma comunque capace di rimarcare le doti di songwriter che hanno permesso al cespuglioso brightoniano di collezionare dieci album in undici anni. 

Impresa non da poco per un musicista solitario, che preferisce autofinanziarsi rinunciando alla poderosa spinta delle major del disco. «Sono stato molto fortunato a ricavarmi uno spazio nel mondo della musica a modo mio; la promozione delle grandi case discografiche assomiglia ad una catena di montaggio, mentre un tour nei locali come quello che sto facendo mi consente di suonare ogni sera per dei veri fans» assicura lui, tenendosi stretto il suo animo da busker, da cantante di strada, e il suo pop-folk dall’impatto immediato. «Fino a qualche anno fa, suonavo sui marciapiedi davanti a 50 persone con i cd da vendere nella custodia della chitarra. Ora suono anche davanti a 3mila persone. Ma il busking è qualcosa che mi porto dentro, una parte irrinunciabile di Passenger». Della spinta di “Let her go” ha usufruito soprattutto il penultimo album “Young as the morning, old as the sea”, pubblicato nel 2016 e arrivato in vetta alle classifiche di Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Svizzera. “Runaway”, dal canto suo, è un poetico giro d’orizzonte influenzato dalle radici anglo-americane di Rosenberg. La sua unica arma segreta è il microfono nella Converse di sinistra che amplifica il battito del piede. In fondo, lo stesso stratagemma adottato da Ed Sheeran, arrivato così lontano da potersi permettere, l’estate prossima, di suonare a San Siro.

«Quando l’ho incontrato per la prima volta, aveva 17 anni» spiega Passenger parlando dell’eroe di “Sing”. «C’incrociavamo nelle stazioni dei bus, in transito tra una serata e l’altra. Anche se abbiamo un approccio simile alla canzone, cerchiamo cose diverse perché siamo artisti diversi. Trovo che non ci sia niente di sbagliato nel voler scrivere delle grandi canzoni pop, concependole su melodie accattivanti che arrivano a tutti. Le mie, però, altri percorsi rispetto ai suoi». Il segreto del mestiere? La vulnerabilità. «L’importante è abbassare le barriere per lasciar entrare la gente nel tuo mondo» spiega. «Se non hai sovrastrutture, il pubblico lo capisce e si lascia prendere per mano. Riuscire ad essere se stessi sul palco è una predisposizione d’animo, non una scienza missilistica». 

 

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