Midnight festival, omaggio al grande jazz a Palazzo Mezzanotte

Stefano Di Battista e il quartetto da sogno al Congress Center

Midnight Festival

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Milano, 26 luglio 2019 - Tra Don Raffaé e Charlie Parker c’è il sax di Stefano Di Battista. “Tutto è nato una decina di anni fa alla Casa del Jazz di Roma grazie ad un incontro-omaggio all’arte di Fabrizio De André che successivamente abbiamo presentato pure sul palco del Primo Maggio” spiega il musicista romano a proposito del concerto di chiusura del Midnight Jazz Festival, in agenda mercoledì prossimo al Congress Center di Palazzo Mezzanotte con un quartetto “all stars” che, oltre a lui, vede in scena il piano di Rita Marcotulli, il contrabbasso Giovanni Tommaso e la batteria di Israel Varela. «Con Rita ci siamo detti che sarebbe stato bello rifarlo, anche per tornare a suonare con un pezzo di storia del jazz italiano quale Giovanni Tommaso, uno dei grandi maestri ancora in attività».

Cosa c’è dietro a questo concerto?

«L’idea è quella di rendere omaggio ad un grandissimo della canzone italiana riprendendo, in maniera molto rispettosa, musiche del suo celebre repertorio che secondo noi possono essere arricchite da nuove idee e situazioni. E magari aggiornarne un po’ i ritmi grazie anche alla perizia strumentale di un ragazzo come Varela».

A suo avviso il legame tra jazz e canzone è stato esplorato del tutto?

«La canzone è il mezzo per esplorare noi stessi; uno stimolo in più per vincere i rischi di routine che incombono su chi fa questo mestiere da tanto tempo come me. La ricerca diventa divertente quando ti lasci andare e, all’interno di una struttura sulla carta anche più semplice di quella jazzistica, puoi cambiare ritmi e rivedere accordi. Anche se, per fare tutto questo, hai bisogno d’interlocutori di alto livello».

Vale a dire?

«Se ognuno cambia il brano a modo suo può nascere un problema, ma se a coordinare le diverse inclinazioni c’è un maestro molto attento all’accompagnamento come Tommaso, abile a mettere le toniche lì dove debbono stare, tutto cambia».

Ci sono dei cantautori che si prestano di più di altri a questo tipo di operazioni?

«Ogni brano può offrirti spazi di libertà. Anche se la scrittura di un Pino Daniele, con cui Rita ha collaborato a lungo, è molto congeniale (almeno sulla carta) a questo tipo di operazioni, perché si porta dentro l’energia giusta per poterci improvvisare. Ed un mostro sacro come Enrico Rava ha dimostrato come pure canzoni di Gino Paoli come ‘Sapore di sale’ possono trovare riletture sorprendenti».

Fra i suoi progetti nel cassetto, quali sono i più imminenti?

«Ho avuto l’opportunità di lavorare nel cinema con Lamberto Sanfelice, giovane regista di grande bravuta, in un progetto ispirato al grandissimo Massimo Urbani attualmente in fase di montaggio. Non vedo l’ora che esca, anche per lo sforzo fatto dall’autore di avvicinarsi quanto più possibile al nostro mondo».

E poi?

«C’è un sogno che cullo da tempo, quello di ritrovarmi nella stanza del maestro Ennio Morricone a cercare pezzi di spartito ancora sconosciuti per riunirli un mio progetto ispirato ai suoi mondi musicali».

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