Milano, un cantico laico dà voce all’acqua

Dalle falde oscure che risalgono ai fiori velenosi nati su limpidi ruscelli: Michele Serra e il testo nato da un’intuizione sotto le arcate rugginose dell’ex Falck

Michele Serra

Michele Serra

Milano, 28 gennaio 2019 - Non cita francescanamente «sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta». Ma anche “Sull’acqua”, il breve denso testo di Michele Serra che Aboca, impresa leader nell’innovazione terapeutica a base di complessi molecolari naturali, ha appena mandato in libreria si può leggere come un “cantico”, laico, certo, modernissimo, certo, contemporanea riflessione sul nostro divenire industriale, economico, sociale. Perché che l’acqua sia sacra, sempre e comunque, è un’ovvietà. Non solo, per chi crede, le abluzioni rituali, il battesimo, le benedizioni, ma la semplice «immersione in una pozza di torrente regala all’essere umano un’esperienza panica, facendolo sentire parte di qualcosa che lo contiene e/o lo sovrasta».

Lo sovrasta o lo sostiene. O lo minaccia? Ora che la modernità è già divenuta passato, che le «grandi orchestre di metallo» hanno concluso i loro concerti, che i capannoni affollati di uomini e fatiche si sono ridotti a cattedrali deserte e spoglie, che dopo un secolo pompe gigantesche hanno smesso di succhiare l’acqua di falda, quell’acqua ha preso a salire, a spingere, a riaffiorare. A Milano la metropolitana nelle sue stazioni ai livelli più bassi ha già dovuto correre ai ripari, vale a dire alle idrovore. «L’acqua è salita – racconta Serra – quanto è bastato al barista Angelo, dalle parti del parco Solari, per accorgersi che il salnitro alle pareti della sua cantina è molto aumentato. Dall’angolino in basso a destra, dietro le casse del Crodino, la macchia ha invaso tutto il muro come un affresco chiaro, cotonoso, misterioso». Genesi davvero particolare quella di “Sull’acqua” di Serra. Scrittore e giornalista di brillante versatilità, fondatore e direttore di “Cuore”, il famoso settimanale satirico, editorialista di “Repubblica”, Serra ricorda di essere stato raggiunto dalla prima ispirazione attorno al fatidico Duemila scoprendo come ruggine e vegetazione stavano prendendo possesso dell’ex area Falck, nella una volta scarlatta Sesto San Giovanni, e, insieme, come appunto la falda acquifera sotto i suoi, sotto i nostri piedi era risalita di qualche metro.

Doveva essere un racconto musicato, di Serra le parole, del grande compositore Fabio Vacchi le note. Finché nel settembre del 2015, accompagnata da un valoroso violoncello, fu Lella Costa a dar voce in anteprima al testo proprio nella dismessa Falck. Spazia fra il ricordo commosso e l’ironia elegante il racconto di Michele Serra. «La memoria dell’infanzia, struggente, ruffiana, che sgorga a tradimento, quel rivo prealpino dove il nonno ti portava a raccogliere l’aconito, blu come nemmeno la genziana è blu. E ti chiedevi come potesse stillare veleno un fiore che aveva il gambo bene infisso in quell’acqua fresca, pulitissima...». Non come l’acqua dei Navigli. Delio Tessa, cantore mai retorico di Milano e dei milanesi, «di quelle acque sapeva restituire anche il fetore». Alda Merini scrisse di vivere «sul Naviglio che geme». Senza remore Ivan Della Mea quando cantava di «st’acqua marcia impestata». La ricopertura dei canali? «La decenza piccoloborghese non ama gli odori troppo forti, quelli che sanno di miseria, di fatica e di popolo». Oggi, mentre i Navigli attendono il loro futuro, è tornato a farsi sentire un suono. «Un suono d’acqua, ma non di acqua che scorre. Di acqua che aspetta. Di acqua che CI aspetta. Contiene un’energia immensa. Natura. Lavoro. Alimento. Vita. Se non capiremo, se non sentiremo, sarà solo colpa della nostra sordità». E dunque... «mettiti in ascolto».

 

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