L’età dell’innocenza. Quella digitale è finita

È finita l’età dell’innocenza digitale. E si fanno i conti con i problemi di questa rivoluzione, dal lavoro, agli equilibri sociali e alle stesse strutture della democrazia

Milano, 22 aprile 2018 - Né apocalittici né integrati, per riprendere un aforisma di Umberto Eco. Né tecnoscettici né tecnoentusiasti. Semmai, pronti con intelligenza critica a considerare opportunità ma anche gravi rischi della diffusione delle nuove tecnologie. Ne scrive Massimo Gaggi in “Homo premium”, Laterza, raccontando “come la tecnologia ci divide”. È finita l’età dell’innocenza digitale. E si fanno i conti con i problemi di questa rivoluzione, dal lavoro (robot e algoritmi eliminano attività tradizionali, non solo in fabbrica ma anche in molte professioni), agli equilibri sociali e alle stesse strutture della democrazia. Sono aumentate, spiega Gaggi (forte d’una lunga esperienza negli Usa come editorialista del Corriere della Sera) le diseguaglianze, tra la figura dell’homo premium (chi sta all’interno del mondo hi tech, ne decide le dinamiche e ne gode i vantaggi), “non solo molto ricco, ma potenziato pure sul piano fisico e intellettuale” e “gruppi sociali svantaggiati che già oggi non solo conducono una vita più modesta, ma vivono anche mediamente di meno, come conseguenza d’una serie di fattori sanitari, sociali, alimentari e legati all’istruzione”. Cresce comunque una coscienza critica nei confronti dei giganti digitali, i Big Tech, Facebook, Amazon, Google, Microsoft e Apple, con la loro passione per gli algoritmi che “creando un’architettura per le scelte degli essere umani, finiscono per erodere il nostro libero arbitrio”. Bisogna invece rafforzare le dimensioni del pensiero critico.

Come suggerisce anche Tom Nichols, professore ad Harvard, inun libro essenziale: “La conoscenza e i suoi nemici”, Luiss, analizzando “l’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia”. Nichols smonta l’arroganza su Internet della “società degli ignoranti”, la faciloneria di chi contrappone credenze a scienza. Ma chiede anche un nuovo “patto” tra élites e massa, suggerendo proprio a scienziati e competenti di uscire dai luoghi del privilegio e della conoscenza e con umiltà e attenzione ascoltare, spiegare, provare a insegnare, dare nuove ragioni dei saperi e delle virtù civili. Perché la democrazia ha bisogno che gli orientamenti popolari vadano tenuti in gran conto, ma anche tradotti, interpretati, trasformati in scelte politiche e governo. Sono temi ricorrenti in “Oltre il capitalismo” di Giulio Sapelli, economista noto in Italia e all’estero, per Guerini e Associati. Si ragiona su “macchine, lavoro e proprietà”. E si usa anche il filo del paradosso per analizzare “una nuova civiltà” in cui lo 0,1% della popolazione possiederà le macchine, lo 0,9% le gestirà e il 99% sarà addetto al poco lavoro non automatizzato della grande impresa o giacerà nell’abisso della disoccupazione”. Si torna alla contestazione delle disuguaglianze create “da un capitalismo finanziarizzato e tecnologico” e si suggerisce una sorta di “socialismo comunitario” che dia spazio e voce a quel 99% di esclusi.

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