Jimi Hendrix torna a Milano nei disegni di Guarnaccia

L’illustratore e storico del costume presenta la riedizione con ComicOut. Nel fumetto la storia del chitarrista che rivoluzionò il rock nel mondo

Una tavola tratta da “Jimi Hendrix”, la prima graphic novel uscita in Italia nel 1980

Una tavola tratta da “Jimi Hendrix”, la prima graphic novel uscita in Italia nel 1980

Milano, 28 agosto 2020 - Giornalisti, vil razza dannata. D’accordo, la stampa specializzata in pentagrammi e accordi che non esaltassero solo Bach o Beethoven muoveva i primi passi, ma i giornali milanesi in quel finire del maggio 1968 s’impegnarono a dare il peggio di sé: “Pazze per il mostro” o “Le ragazze impazziscono per il brutto con la permanente”, furono i titoli con cui presentarono il rocker che stava per esibirsi al Piper, il futuro Old Fashion, negli spazi della Triennale. Peccato che quel “mostro” fosse Jimi Hendrix, il chitarrista che con due dischi e un pugno di concerti aveva rivoluzionato il rock, arricchendolo di blues, rhythm and blues e psichedelia, secondo la classifica stilata nel 2001 dalla rivista “Rolling Stone” il più grande artista delle sei corde di tutti i tempi. Di quel concerto milanese, oltretutto, biglietti a 1.500 euro, esistono solo brandelli di vestigia. Più che meritoria, dunque, nell’anniversario della morte - il 18 settembre 1970 -, la riedizione a opera di ComicOut del “Jimi Hendrix” di Matteo Guarnaccia, re dell’illustrazione arcobalenica, enciclopedia vivente della cultura underground.

Matteo, allora Hendrix è il tuo musicista del cuore? «Jimi è stato una delle stelle polari che hanno guidato, da subito e per anni, la mia ricerca artistica».

Che cosa ti ha più affascinato di lui: il virtuosismo musicale, la poesia dei suoi testi, la vita gloriosa ma tormentata? «Se separiamo Hendrix dallo stretto contesto rock, che comunque gli andrà sempre troppo stretto, non possiamo che celebrare il grande esploratore che ci ha mostrato luoghi nuovi».

La domanda da un milione di dollari: il pezzo che ami di piú? «Risposta impossibile. Potrei al massimo dire l’Lp “Are You Experienced”. Perché Hendrix non era un cantante da singole canzoni».

Ma tu c’eri, al Piper? «No, purtroppo, ero troppo piccolo. Però ero già stato conquistato da quella malia. Frequentavo ragazzi, appena più grandi, come Camerini e Finardi. O Ines Curatolo, futura animatrice della rivista underground “Get Ready”, la ragazza più invidiata della scena beat milanese per aver avuto un flirt con Jimi».

L’hai sentito altrove? «Neppure. Dal vivo, mai. Quando ho iniziato a frequentare i festival pop a livello europeo, lui era già morto».

Il tuo “Hendrix” originale del 1980 è un pezzo raro. Anche poco psichedelico.Dovessi realizzarlo ora, che cosa cambieresti? «È vero, era poco psichedelico. Perché negli anni Ottanta parlare del grande Hendrix era una forma di resistenza, significava andare controcorrente. Così io mi ero proposto di raccontare una storia, la sua storia, tradotta in un affresco pop. Ora? Lo farei ancora più elaborato. Ancora più “graphic novel”, genere che allora non esisteva neppure».

Ora a che invenzione stai lavorando? «A “Mix and Match”, un’enciclopedia di stili della moda. Dal camouflage ai cappelli. Uscirà l’anno prossimo, per Rizzoli. Mi sta occupando moltissimo tempo: d’altronde, ogni singolo vestito nasconde una storia da raccontare».

Un augurio postumo a Jimi, cometa esplosiva? «Perfetto: una cometa esplosiva. Che venga ritenuto un musicista. Un grandissimo musicista. Senza aggettivi che possono solo ridurne il valore».

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