Il frontman degli Iron Maiden presenta il suo libro al Dal Verme

Dickinson: cantante, pilota e... scrittore

Bruce Dickinson

Bruce Dickinson

Milano, 12 gennaio 2019 - «Se non ve ne andate, vi abbattiamo». Anche in era post-sovietica le minacce dell’aviazione russa vanno prese molto sul serio ed è proprio questo che fece Bruce Dickinson anni fa nei cieli di Murmansk, quartier generale della Flotta del Nord, mettendo il muso del suo Boeing 757 in direzione Finlandia senza farselo ripetere due volte. Un’avventura nei cieli dal profondo Nord con cui il cantante-pilota degli Iron Maiden dà la stura ai ricordi impigliati nelle 428 pagine di “A cosa serve questo pulsante”, l’autobiografia-best seller che presenta domani sera al Dal Verme con un «reading» letterario preso, ovviamente, d’assalto dai fan. «Racconto la mia storia», spiega lui, tonico sessantenne planato in luglio a San Siro per regalare al popolo dell’Ippodromo Snai uno dei migliori concerti dell’estate.

«È uno spettacolo di un’ora e mezzo-un’ora e tre quarti in cui puoi coprirmi d’applausi o tirarmi i pomodori, perché interagisco col pubblico coinvolgendolo nelle mie vicende. Una cinquantina di minuti li passo parlando del libro, della vita, dei massimi sistemi, poi invito i presenti a girarmi delle schede con le domande. La durata di questa fase è data dalla qualità dell’iterazione che si crea, perché lo spettacolo è tanto della gente tanto quanto mio. Sullo schermo scorrono pure delle foto che aiutano ad espandere la narrazione. Tutti quelli che si presentano con una copia di “A cosa serve questo pulsante?”, ovviamente, se ne andranno col libro firmato». Dickinson, che parla senza reticenze pure del carcinoma a testa e gola con cui s’è trovato a lottare quattro anni fa («È quando ti trovi in certe situazioni che premi il pulsante di riavvio, resetti il sistema e riparti»), racconta della sua infanzia a Sheffield, della famiglia, della laurea in storia alla Queen Mary University di Londra, delle sue passioni e, naturalmente, della militanza nei Samson e, naturalmente, di quella ultratrentennale nei Maiden.

Ha debuttato, infatti, nella band in quel di Bologna nell’autunno del 1981. «Questi incontri si trasformano spesso in esperienze molto intense, perché uno come me si ritrova davanti un’enorme quantità di energia da catturare tra la folla, da fare propria, e da restituire aumentata. Anche se in scala rispetto ai grandi spazi, infatti, il rapporto che si istaura col pubblico dei teatri è sostanzialmente lo stesso dei concerti; col medesimo accumulo di energia». L’aviatore dell’heavy giura che quest’autobiografia non rappresenta un modo per riattaccare l’ombra a terra. «Questo libro non è la fine di qualcosa - assicura - ma le sue ultime pagine sono in realtà l’inizio del resto della mia vita. Una vita ancora nei Maiden. Amo, infatti, la musica che stiamo facendo in questo momento, amo il modo in cui la suoniamo dal vivo e non sento il bisogno di dedicarmi ad altri progetti artistici».

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