La Benedizione di Kent Haruf per la NN editrice

Il traduttore Fabio Cremonesi racconta la scoperta dell'autore americano e il suo successo. Grazie a una piccola casa editrice, nata a Milano solo 4 anni fa. E in libreria in questi giorni arriva "Vincoli", il primo libro di Haruf

Fabio Cremonesi,  50 anni, traduttore italiano di Kent Haruf

Fabio Cremonesi, 50 anni, traduttore italiano di Kent Haruf

Milano, 21 novembre 2018 - Quattro amici e un’idea, piuttosto rivoluzionaria di questi tempi. Fondare una casa editrice in Porta Romana, a Milano, la NN, che oggi ha un catalogo di tutto rispetto. E un’inattesa benedizione ritrovarsi fra le mani l’opera omnia di quello che sarebbe in breve diventato uno degli autori più amati in Italia, fino alla vetta delle classifiche.

Fabio Cremonesi, 50 anni, traduttore italiano di Kent Haruf, racconta come è nata forse la più grande scoperta editoriale degli ultimi anni, a Milano. Una storia cominciata solo 4 anni fa, ma che viene da lontano.

«Ho fatto una miriade di lavori diversi – racconta Fabio, che traduce da tedesco, inglese, spagnolo e catalano – lo scaricatore per due anni in un corriere, poi il “gerarca” per 15 anni in una multinazionale, dove ero entrato come ultima ruota del carro, l’editore, il rappresentante editoriale».

Come inizia il caso Haruf?

«Un gruppo di amici decise di mettere in piedi una casa editrice e a me, che mi ero occupato della materia, hanno chiesto una mano, dandomi alcuni testi da leggere. Io sono un lettore molto lento, ma “Benedizione”, uno dei tre libri di Haruf che componevano la “Trilogia della pianura”, smentendo la mia fama, me lo sono divorato in una notte...».

Poi che è successo?

«Quella stessa notte lo aveva letto anche l’editrice, che era rimasta bloccata in un albergo in mezzo al nulla a Londra per un volo cancellato. La mattina dopo ci siamo sentiti prestissimo, entrambi entusiasti del libro. Non solo perché era bellissimo, ma perché è molto raro che qualcosa del genere e con un potenziale così forte rimanga inedito a lungo, ma soprattutto finisca sulla scrivania di un editore che ancora non esiste. Gli agenti, gli editori esteri, gli uffici di solito cominciano dai grandi, poi agli indipendenti».

Una benedizione vera.

«Sì, per restare in tema. Abbiamo avuto subito la percezione che non si trattasse di altro. E non andava sprecata. Il titolo ci sembrò oltretutto beneaugurante per avviare la casa editrice. E andò benissimo. Poi c’è stato un gran lavoro da parte di tutti. Il passaparola, si dice in questi casi. Ma non basta, anche perché, prima del passaparola, ci fu un enorme lavoro di preparazione».

Lei è un tassello chiave nell’operazione Haruf.

«Guardi, in Italia era uscito solo un romanzo da Rizzoli, quindici anni fa. La mia editrice, per pubblicare l’opera omnia, ha voluto che ogni testo di Haruf avesse la voce dello stesso traduttore, la mia. Dopo la trilogia, abbiamo così pubblicato “Le nostre anime di notte”, che ebbe un traino rilevante anche dal film uscito poco dopo al festival di Venezia. Con Robert Redford e Jane Fonda. E ora siamo in libreria con “Vincoli”, fresco di stampa, l’esordio dell’autore. Uno splendido romanzo, come tutti. Me ne manca uno solo».

“Le nostre anime di notte” fu un super boom. Perché?

«Sì, credo che non fosse mai successo che un autore edito da un editore indipendente entrasse in classifica direttamente al primo posto. Forse è successo con gli ultimi volumi di Elena Ferrante, ma è un’altra storia».

Un’ultima curiosità: è Haruf o lei a usare il discorso diretto senza virgolette?

«Naturalmente lui, anche nell’originale americano. Ma lo gestisce talmente bene che, dopo un possibile disorientamento iniziale, il lettore poi non lo trova un difetto e non confonde dialoghi e narrazione. Anzi, per molti è una delle cose che sapeva fare meglio».

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