Grazie a Gianni Brera il calcio è diventato patrimonio nazionale

Un libro e una mostra sul re dei giornalisti di GIAN MARCO WALCH

Brera col sigaro

Brera col sigaro

Milano, 17 gennaio 2016 - «Caro Brera, lei ha fatto una cosa bella: per merito suo il calcio italiano ha oggi il suo linguaggio; sparita l’ombra dell’Inghilterra». E ancora, con un’immediatezza nazionalistica: «Il calcio è divenuto nostro, lei gli ha dato il tenero e popolare dialetto della domenica, proliferato da una gente in quelle ore ingenua e fanciullesca, in quelle ore amante della gloria». Così il 27 febbraio 1978 scriveva a Gianni Brera il grande psichiatra-scrittore Mario Tobino, che pochi hanno mai immaginato innamorato della dea Eupalla e non solo, professionalmente, va da sé, delle libere matte di Magliano. La sorprendente lettera di Tobino è solo uno dei tanti documenti attraverso cui si snoda il singolare viaggio che Anna Lisa Cavazzuti ha curato per i tanti appassionati di Brera, ma anche della nostra storia più recente, e non solo sportiva.

Brera col sigaro e la macchina da scrivere (sopra e sotto) mentre intervista Coppi, sul campo da calcio e con Oreste del Buono e alle loro spalle, Gian Maria Gazzaniga, Giulio Signori, Mario Fossati e Giorgio GregoriUn viaggio attraverso “rospi e lumaconi”, come scriveva lo stesso “padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni”, nel suo “Arcimatto”. Una mostra documentaria, quella che si aprirà domani al Laboratorio Formentini per l’Editoria, che smentisce una volta di più la nomea delle carte d’archivio come fredde e insensibili, appetitose solo per topi di biblioteca. Dattiloscritti con correzioni a mano, sempre rivelatrici, ma anche tessere d’ingresso al velodromo Vigorelli e all’ippodromo di San Siro, non soltanto allo stadio seconda casa. I pass di Tour e Olimpiadi. Il contratto con la Rai per la partecipazione alla “Domenica Sportiva”. E pagine di taccuini e agende, ricche di annotazioni su boxe, atletica, ciclismo e calcio, soprattutto, e naturalmente. E di appunti privati. Sul foglietto datato 10 luglio 1982, vigilia della finale dei Mondiali in Spagna: “Sette cartelle (un pezzo torrenziale, ndr) – dato titolo: Chiediamo la grazia a Santo Catenaccio”. E le righe immediatamente successive: “colaz. 2800 + mancia”. Una mostra e un libro: per festeggiare l’apertura dell’esposizione, alle 18.30, e accompagnare l’incontro “Il piacere ludico del prestipedatare. Gianni Brera e il calcio: epica, fatica, scrittura”, verrà distribuito ai partecipanti il volume “Storia di Gianni Brera 1919-1992”. Edito dalla Fondazione Mondadori e curato da Franco Contorbia, docente a Genova di Letteratura italiana moderna e contemporanea, uno studioso che sa tutto di Montale e del giornalismo italico. E di Brera.

Scrive Contorbia: «L’assenza di Brera non ha cessato di apparire alla sterminata famiglia dei suoi lettori come un lutto iniquo e in nessun modo risarcibile (e risarcito) e, insieme, come un conto storiografico aperto». Così, nelle pagine di questa nuova “Storia” a tante voci, Massimo Raffaeli si chiede, per esempio, il perché dell’unicità, a suo tempo, di Brera. E si risponde: perché non esistevano allora critici di calcio che tali potessero chiamarsi. Manuela Manfredini torna a porre l’accento sul Brera creatore di neologismi: vedi l’“argentinismo”. Mentre Giulio Signori, già grande firma de Il Giorno, dopo avere ricostruito le polemiche breriane, gastronomiche, enologiche e cultural-sportive, conclude: «Di Brera bisognerebbe soprattutto indagare il mistero del suo animo, che cosa lo rendeva felice. Ma lui si è portato il segreto nella tomba».

Laboratorio Formentini per l’Editoria, Milano, via Formentini 10. Domani, ore 18.30. Info: 02.49517840.

di GIAN MARCO WALCH

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