Gianluca Guidi a Milano: "Io, mio padre... e quell’amico in più"

L'artista sul palco con "Aggiungi un posto a tavola"

Una foto di scena

Una foto di scena

Milano, 3 marzo 2019  - Gianluca Guidi aveva sette anni quando vide per la prima volta papà vestire i panni di Don Silvestro in “Aggiungi un posto a tavola”. Se sei figlio di Johnny Dorelli e Lauretta Masiero un pezzo di destino te lo porti già scritto nel dna. Lui, il figlio, ha cominciato ad indossare il clergyman nel 2009 “per usucapione familiare”, dice scherzando, ma al pubblico il suo “surrogato di Dorelli”, continua a piacere e da mercoledì è in scena a Milano col sacro testo attinto dalla premiata ditta Garinei & Giovannini (col tocco autorale di Jaja Fiastri e le musiche di Armando Trovajoli) nel ’74 dal romanzo di David Forrest “Dopo di me il diluvio”. Lo spettacolo rimane in scena al Teatro della Luna fino al 31 marzo. Nel nome del padre e di un successo planetario del teatro che in 30 edizioni ha saputo richiamare qualcosa come 15 milioni di spettatori. Emy Bergamo è Consolazione, Marco Simeoli il sindaco Crispino, Piero Di Blasio Toto, Camilla Nigro Clementina, Francesca Nunzi Ortensia ed Enzo Garinei “La voce di lassù”, quella di Dio, alla veneranda età di 92 anni. Magie del teatro.

Aggiungi un posto a tavola” è sbarcato a Milano per la prima volta il 18 ottobre 1975, fermandosi al Lirico per ben tre mesi. Poi è tornato al Carcano, al Nazionale, agli Arcimboldi e, appunto, al Teatro della Luna.

«Nel ’75 per me “Aggiungi un posto a tavola” era il mondo di Barnum, una cosa circense. I miei erano separati e quando venivo a Milano andavo a dormire da papà. Una mattina ci appostammo per guardare la coda di spettatori che aspettavano l’apertura del botteghino del Lirico. Mio padre disse: “Vedi? queste persone sono qui per vedere papà”, quasi incredulo. Un po’ lo stesso stupore che provo anch’io a ritrovarmi ogni sera davanti il teatro pieno».

Perché?

«Perché se uno spettacolo è ben scritto e ben prodotto, la reazione è univoca, da Reggio Calabria ad Aosta».

Dopo tutto questo tempo, qual è il lato ancora attuale della commedia e quello da guardare con tenerezza?

«Le caratterizzazioni di Paolo Panelli e Bice Valori funzionavano perché erano le loro. Pretendere di rifare la stessa cosa sarebbe stato un suicidio, così le abbiamo cambiate».

Qual è il plus di questa edizione?

«L’ottima scrittura la rende eccellente di suo. Credo, però, che senza mio padre Don Silvestro sarebbe stato un personaggio diverso. Quindi se in questa ripresa dello spettacolo l’avesse interpretato un attore dai geni diversi, seppur bravo, difficilmente avrebbe colto il risultato delle edizioni storiche».

In questi tempi di sovranismi e porti chiusi, qual è l’amico in più?

«Una classe politica lungimirante nel cogliere il cambiamento dei tempi, che pondera le sue reazioni al mutare delle situazioni e delle relative urgenze».

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